La Commissione DuPre

In tanti ci avete chiesto un parere su quanto è stato riportato nel comunicato stampa della “Commissione DuPre”. Comunicato pubblicato il 12 dicembre 2021 con le firme di: Giorgio Agamben, Mariano Bizzarri, Massimo Cacciari e Ugo Mattei.

L’unico che non conoscevo è Mariano Bizzarri, e quando cerco tracce su di lui trovo una scheda su Wikipedia, che riporta in apertura:

La neutralità di questa voce o sezione sull’argomento medici è stata messa in dubbio. Motivo: Curriculum promozionale, solo fonti primarie di autorevolezza non evidente. Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finché la disputa non è risolta.

Non conoscendolo mi limito a prendere conoscenza del fatto che gli editor di Wikipedia ritengono che la scheda su di lui sia più promozionale che altro. Ma non è di lui o degli altri professori che siamo qui a discutere. Quello che c’interessa è il comunicato stampa che stanno facendo circolare.

I claim

I membri della Commissione sostengono che:

1) La protezione offerta dai vaccini riduce di circa 3 volte l’ingresso in terapia intensiva ma non è una  protezione totale. È pertanto ingiustificata la campagna che vorrebbe che esista una “pandemia dei  non vaccinati”, considerato come attualmente i vaccinati contribuiscano ad occupare le terapie  intensive per circa il 50% dei posti disponibili (dati elaborati da bollettino ISS). 

2) Contrariamente a quanto sostenuto per mesi, la vaccinazione non previene il contagio anche se ne  riduce significativamente l’incidenza (di circa 3 volte). Questo dato da solo priva il Green Pass del  suo significato sanitario: avere un Green Pass non significa essere “innocui” o “non contagiosi”. 

3) Contrariamente a quanto sostenuto, la vaccinazione modifica solo leggermente la probabilità di  morire per Covid una volta che l’infezione è stata contratta.

Partiamo dal primo:

La protezione dei vaccini

Non è vero che il vaccino riduca solo di un terzo la possibilità di ingresso in terapia intensiva, se fosse così i numeri che vengono citati dalla commissione subito dopo dovrebbero essere molto diversi.

È un discorso che abbiamo già trattato molte volte, i numeri vanno normalizzati, quindi visti non sul totale bensì rispetto alle due popolazione a cui fanno riferimento.

A pagina 17 del bollettino rilasciato dall’Istituto Superiore di Sanità l’11 dicembre 2021 troviamo questa tabella:

Tabella che ci fornisce tutto quanto ci serve per ricavare i numeri necessari all’analisi del primo punto affrontato della Commissione.

Da una parte abbiamo una popolazione di circa 45 milioni di italiani vaccinati con ciclo completo (sommando le tre categorie di “vaccinati con ciclo completo entro 5 mesi”, “vaccinati con ciclo completo da più di 5 mesi” e “vaccinati con dose booster”). Di questi in terapia intensiva ci sono 356 individui, su quasi 45 milioni totali. Dall’altra parte abbiamo un po’ più di 7 milioni di soggetti non vaccinati, di cui 618 in terapia intensiva.

Quindi abbiamo quasi il doppio dei ricoveri in terapia intensiva nella popolazione dei non vaccinati, popolazione che però è il 16% dell’altra.

Sulla base di questo dato non ci vuole uno scienziato per capire perché siano sbagliate entrambe le affermazioni del primo punto sostenuto dalla Commissione. L’affermazione che il 50% della terapie sia occupato da vaccinati è smentita direttamente dai numeri. E quella che il vaccino riduca di tre volte l’ingresso in TI è smentita da un semplice calcolo. Prendo il numero dei non vaccinati in terapia intensiva, 618, lo divido per tre, come risultato ho 206. Quello è il numero di vaccinati che, a parità di popolazione, dovrei avere in terapia intensiva se fosse vera l’affermazione che il vaccino riduce di tre volte la possibilità di finirci. Mentre invece se prendo i numeri reali e faccio i miei calcoli mi accorgo che, a parità di popolazione, oggi in percentuale su 7 milioni e rotti di vaccinati in TI dovrei avere 56 persone. Che sono più di 10 volte in meno di quelli non vaccinati. Altro che una riduzione di tre volte.

La vaccinazione non previene il contagio

Al secondo punto ci viene detto che per mesi si sia sostenuto che la vaccinazione preveniva il contagio, ma non è vero. Solo prima che i vaccini fossero disponibili si sperava che il vaccino potesse dare l’immunizzazione. Ma già a febbraio era chiaro che quell’immunizzazione non c’era. Quello che però era evidente era appunto che la vaccinazione riduceva di molto il rischio di aggravarsi della malattia (come tante altre vaccinazioni prima di questa). Nessuno ha mai detto che avere il Green pass significhi essere innocui o non contagiosi. Ma ovviamente se siamo in una stanza dove tutti siamo vaccinati, quindi dotati di Green pass, i rischi ospedalizzazione per i presenti sono quasi dieci volte meno che nel caso nella stessa stanza ci siano dei non vaccinati. E siccome – lo ripetiamo per forse la centesima volta – la ragione principale per le misure di contenimento della pandemia è quella di non saturare gli ospedali, è evidente a cosa serva il Green pass e perché sia più utile del tampone.

La vaccinazione modifica solo leggermente la probabilità di morire

Anche qui possiamo guardare la tabella dell’ISS, e basarci sui dati diffusi dell’ente a cui abbiamo demandato la gestione sanitaria del nostro Paese per approfondire:

Decessi tra i non vaccinati – 620 su 7.291.722 individui

Decessi tra i vaccinati – 807 su 44.968.615 individui

Già senza considerazione alcuna notiamo quanto sia grande la sproporzione tra il numero di morti nei due gruppi presi in esame. Tra i non vaccinati abbiamo lo 0,0085% di morti, tra i vaccinati lo 0,0017%. La differenza, anche solo così, è tutt’altro che leggera. Guardando questi numeri ci viene subito da dire che il rischio di decesso è cinque volte inferiore. Ma non possiamo limitarci a questo, perché  i vaccinati con ciclo completo sono tanti, ma la percentuale maggiore è tra persone anziane, i fragili che si è scelto di vaccinare per primi e che hanno fatto anche la dose booster per primi. Quindi il gruppo dei vaccinati, rispetto a quello dei non vaccinati, ha una fetta consistente di persone che è possibile muoiano anche senza prendere la malattia in forma grave. Quando invece il gruppo dei non vaccinati è composto per lo più da soggetti di età inferiore ai 65 anni. Quelli che invece dovrebbero essere meno a rischio di esito fatale.

Concludendo

Io fatico a capire perché nel nostro Paese venga diffusa questa costante disinformazione sulla pandemia. Noto con dispiacere che spesso a spingerla sono soggetti che hanno una certa credibilità in altri campi e che, anche grazie a giornalisti compiacenti, la sfruttano per raggiungere un pubblico via via più ampio. Ma come diciamo da tempo qui su BUTAC, la comunicazione sanitaria durante una pandemia andrebbe delegata solo ed unicamente alle autorità sanitarie (l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute), per evitare facili fraintendimenti nel pubblico, composto per lo più da persone che della materia capiscono poco e si fidano di chi gli sta più simpatico o conferma i loro pregiudizi.

A chi giovi la disinformazione in ambito medico onestamente fatico a comprenderlo, perché filosofi e giuristi debbano entrare in settori che non sono loro, con il rischio di fare immani figuracce e soprattutto di mettere a rischio la salute di chi si fida di ciò che dicono, mi risulta incomprensibile.

Ma noi siamo solo fact-checker.

Non credo sia necessario aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it
(NB Per quelli che ci accusano di essere anonimi, sì Prof. Volli parlo anche con lei, c’è una comoda pagina Chi siamo, raggiungibile dal menù in alto a destra)

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