Latte e formaggi saranno immigrati

Lo sapete, non ne possiamo più di COVID-19, anche se voi continuate a segnalarci ogni puzzetta fatta dai tanti guru che sostengono che la pandemia è tutta un complotto.

Noi però abbiamo davvero voglia di parlare anche di altro come eravamo abituati a fare pre-pandemia. Quindi abbiamo accolto a braccia aperte la segnalazione di alcuni amici che ci hanno inviato svariati link a testate che hanno pubblicato articoli derivati da un comunicato stampa di Coldiretti.

Ad esempio titola Il Giornale:

“Non ci saranno più latte e formaggi italiani”. Cosa succede dal primo gennaio

L’articolo datata 9 novembre 2021 a firma Alessandra Benignetti non è altro che una trasposizione dell’allarme lanciato da Coldiretti. Allarme che da anni viene lanciato dall’associazione, a volte con l’aiuto di trasmissioni televisive come la nota Report di RaiTre.

La prima cosa che dovrebbe essere riportata in articoli come quello de Il Giornale (ma sono in tanti ad aver ripreso il comunicato di Coldiretti in forma acritica, senza approfondire alcunché), e che invece manca completamente, è che la nostra produzione di latte, soprattutto bovino, non è sufficiente per coprire la produttività dei nostri caseifici. Siamo obbligati a importarlo, e lo facciamo da tempo. Inoltre i costi di produzione del latte italiano sono più elevati rispetto a quello straniero (e questo non significa necessariamente che sia di miglior qualità, ma solo che sono meno ottimizzate le catene produttive).

La questione sicurezza del prodotto è ridicola, basta vedere le nostre attuali importazioni: la maggior parte del latte sfuso che importiamo infatti viene da Germania, Francia e Austria. Non credo che si possa sostenere che siano tre Paesi con misure di controllo inferiori alle nostre.

Oltretutto abbiamo etichette specifiche per certificare i nostri prodotti DOP, etichette che non cessano di esistere dal 1 gennaio.

Il latte non smetterà di essere tracciato, il Ministero della Salute e quello dell’Agricoltura avranno sempre tutte le necessarie informazioni per poter verificare qualità e provenienza. E gli standard di sicurezza sono e rimarranno elevati.

Fa sorridere che a fine articolo si citino i fake alimentari. Dando a intendere che questi rubino per davvero al nostro Paese introiti per miliardi di euro. Ma in realtà le tante produzioni simil-italiane coprono una fascia di clienti che spesso non ha i soldi per comperare un DOP italiano ma ce li ha per l’imitazione, consci che si tratta appunto di un’imitazione.

La cosa che però mi fa sorridere ancor di più è che tra i “fake” si citi il Prosek ma si eviti di parlare del Tocaji. Vedete, il primo è un vino prodotto in Dalmazia (e a detta dei viticoltori si fa alla stessa maniera da più di duemila anni), il secondo non è il nostro Tocai, ma un prodotto ungherese che ha vinto la battaglia contro il Friuli: è l’Ungheria a poter usare il nome Tocaji e l’Italia deve accontentarsi della dicitura Friulano. Chissà se in Ungheria, prima che la battaglia si concludesse a loro favore, c’ci sono stati Coldiretti locali a sostenere che gli rubavamo clienti? Da quello che trovo sulla questione Prosek i croati sono più preoccupati del fatto di perdere un’antica tradizione che non delle possibili entrate, anche perché il loro vino viene venduto principalmente nel Paese e non esportato, a differenza del nostro prosecco, e comunque è un vino esclusivamente da dessert. Tutte queste cose però Coldiretti non ha gioco a raccontarle.

Non credo sia necessario aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon o su PayPal! Può bastare anche il costo di un caffè!
Un altro modo per sostenerci è acquistare uno dei libri consigliati sulla nostra pagina Amazon, la trovi qui.