L’attività fisica, la chemio e il tumore al colon

Su Repubblica il 1 giugno 2025 è uscito un articolo dal titolo:
Tumore del colon: l’attività fisica può fermarlo senza chemioterapia
Titolo d’impatto, condiviso da molti – specie nei circuiti pseudoscientifici che contestano le cure contro il cancro, e in particolar modo la chemioterapia. In Italia di soggetti del genere ce ne sono a bizzeffe, come ben sa chi legge un blog come il nostro. Il titolo è fuorviante, e lo ammette anche la giornalista che ha firmato l’articolo quando, dopo quasi tre settimane di critiche, il 18 giugno, decide di pubblicare un breve aggiornamento da mettere in testa all’articolo stesso, questo:
Abbiamo pubblicato l’articolo che segue ormai qualche settimana fa, come corrispondenza dal Congresso dell’American Society of Clinical Oncology di Chicago. E molti lo hanno letto, molti lo hanno commentato, alcuni lo hanno criticato perché, ci hanno fatto notare, sembra che noi sosteniamo che l’attività fisica sostituisca la chemioterapia tout court.
Devo, però, chiarire che questo non c’è scritto, che la platea del più grande congresso oncologico del mondo ha applaudito la ricerca al momento della presentazione, che il New England Journal of Medicine l’ha pubblicata, che alcuni importanti oncologi italiani hanno approvato l’articolo. Temo che molti (anche blasonati) lettori che ci hanno criticato in maniera sbrigativa abbiano letto solo titoli e sommario e non il testo. Può capitare, pazienza.
Noi, però, dobbiamo tenere conto del fatto che, se non si capisce, il sommario deve essere migliorato. Come potete constatare, l’ho fatto; ho specificato che la cura del tumore del colon prevede chemioterapia adiuvante dopo la chirurgia, e che lo studio si riferisce all’eventualità che il tumore ritorni dopo la terapia, che recidivi insomma. Spero ora tutto chiaro. E spero che sia chiaro soprattutto quanto è importante uno studio che spariglia le carte e sprona alla prevenzione anche terziaria. Non è solo una nuova strada scientifica aperta per chi vive con una diagnosi di tumore, è anche un messaggio di vita.
Il titolo dell’articolo resta lo stesso di prima, e quindi la condivisione del pezzo continua a dare a intendere che l’attività fisica, nel caso del tumore al colon, possa sostituire la chemioterapia. Sia chiaro, come spiegato dall’autrice del pezzo – che è anche la direttrice responsabile della redazione online di Salute di Repubblica – nel testo viene raccontato che si tratta di prevenzione delle recidive, ma si parla anche di “alternativa alla chemio” e di “attività fisica che evita la chemio”. E non siamo noi a dirlo, qui ad esempio potete leggere cosa ne pensa l’amico Gianluca Pistore:
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Anche il sommario iniziale contiene informazioni fuorvianti, quello che recita:
Un tumore in stadio avanzato, anche se ben curato con chirurgia e chemioterapia adiuvante, nel 30% dei casi ritorna. Ma questo può essere evitato a lungo. Con l’attività fisica. Lo dimostra uno studio presentato al più grande congresso mondiale di oncologia.
Perché lo studio presentato all’ASCO e pubblicato sul NEJM Evidence spiega che un programma strutturato di attività fisica può sì ridurre il rischio di recidiva, ma solo dopo il trattamento oncologico standard. Si tratta di un’integrazione alla chemioterapia, non di una sostituzione, non di una “alternativa”.
Vi riporto, tradotte, le conclusioni dello studio:
Un programma di esercizi strutturato triennale, iniziato subito dopo la chemioterapia adiuvante per il cancro del colon, ha portato a una sopravvivenza libera da malattia significativamente più lunga e a risultati coerenti con una sopravvivenza globale più lunga.
Grassetto e sottolineatura sono miei: la chemioterapia adiuvante rimane lo standard di cura per i tumori del colon. Va anche detto che lo studio è stato condotto in 55 centri tra Canada e Australia e spalmato su 15 anni, con un numero davvero ristretto di pazienti (889). Una cifra estremamente bassa se consideriamo che il cancro al colon è uno dei tumori più comuni. Questo dato significa che c’è stata una fortissima selezione dei pazienti all’ingresso: soggetti che avevano già superato chirurgia e chemioterapia e che erano anche in grado di sostenere un programma triennale di esercizio fisico supervisionato dagli autori dello studio. Nel mondo reale molti dei pazienti oncologici non riesce nemmeno a iniziare un percorso simile, figuriamoci a mantenerlo per anni. Come ci è stato fatto notare da un medico dopo che ha letto lo studio:
Non basta dire che si randomizza, se si mettono dei paletti così alti per reclutare i pazienti. Questo è un RCT con una validità esterna molto bassa. È ottimo da un punto di vista sperimentale, ma non generalizzabile alla popolazione oncologica media.
Superficialità e clickbait anzi no, sharebait
L’autrice nel suo aggiornamento liquida le critiche sostenendo che siano solo frutto di una lettura superficiale, limitata a titolo e sommario, ma se anche accettassimo questa giustificazione ci sarebbe poco da fare: sono malfatti, fuorvianti, sbagliati. Noi siamo solo blogger, lei è giornalista, anzi, direttrice responsabile dell’inserto salute di un blasonato quotidiano nazionale, e dovrebbe sapere bene che, secondo più studi accademici e analisi di comportamento online, oltre il 60% dei lettori si limita a titolo e sommario. Uno studio pubblicato dalla Columbia Journalism Review mostrava che sei utenti su dieci condividono gli articoli senza averli mai letti. E secondo Slate e Chartbeat, solo un quarto degli utenti arriva alla fine di un articolo. Se una redazione ignora questi dati, abbiamo un problema di incompetenza. Se li conosce e se ne frega, abbiamo un problema di malafede. Questo comportamento rientra sotto il cappello del clickbait ma quando coinvolge principalmente o esclusivamente il titolo e il sommario in realtà bisognerebbe parlare di sharebait*.
Qui, però, anche nel testo veniva (e viene) ribadito che l’attività fisica offre un’alternativa alla chemio, come ci ha mostrato appunto il post di Gianluca Pistore poco sopra. Questo dettaglio è stato ignorato nelle correzioni successive e nell’aggiornamento che imputava ai lettori la responsabilità di una lettura superficiale, e difatti nell’articolo attualmente possiamo ancora leggere di attività fisica che evita la chemio (mentre dove si parla di alternativa è stato almeno aggiunto “…alla chemioterapia necessaria in caso di recidive”, dunque la correzione che viene attribuita al solo sommario è stata fatta anche nel testo dell’articolo, di cui però nell’aggiornamento non si fa menzione; qui potete vedere la versione originale dell’articolo, salvata su Archive).
Non aver presente che molti pazienti oncologici passano il tempo a cercare quelle che potremmo definire scorciatoie salvavita è grave, eppure è sotto l’occhio di tutti. Oltretutto lo stesso professore di oncologia medica intervistato da Repubblica spiega che:
Naturalmente dovremo fare attenzione a calibrare l’attività sullo stato di salute del paziente, sulle sue condizioni cliniche generali. Per questo il fai da te non è consigliato.
Quindi serve un contesto clinico e il supporto medico.
Concludendo
Ho scelto di parlare di questo caso perché credo rappresenti bene il pericoloso confine tra divulgazione e sharebait, materia di cui con BUTAC ultimamente abbiamo spesso cercato di parlare in ambiti professionali, davanti a platee di giornalisti scientifici. Ma forse invece degli autori degli articoli dovremmo parlarne con chi sceglie che titoli dare e come presentarli sui social. Questo modo di fare porterà lettori ma rischia anche di fare danni immensi, finché si tratta di gossip fate pure come vi pare, quando si tratta di medicina le notizie andrebbero trattate con più cura.
Vi rimandiamo all’articolo sul portale Dottore ma è vero che? per ulteriori approfondimenti.
*SHAREBAIT Con il termine sharebait intendiamo un contenuto – solitamente un titolo o un’immagine – progettato appositamente per essere condiviso sui social, facendo leva su emozioni forti come rabbia, speranza, indignazione o stupore. Lo scopo non è informare in modo completo o accurato, ma massimizzare la viralità e generare traffico, spesso a scapito della verità o della chiarezza.
maicolengel at butac punto it