L’élite di Davos e la casa di proprietà

Come allarmare ad hoc

Stavolta la segnalazione ci è arrivata dagli amici di RadioPico e non potevo esimermi dal trattarla, specie visto che per una volta non si parlava di Covid-19. A firma Michele Crudelini è apparso sul blog di ByoBlu quest’articolo:

L’ÉLITE DI DAVOS VUOLE ABOLIRE LA CASA DI PROPRIETÀ

L’articolo di Crudelini è rivolto chiaramente a quel pubblico a mezza via tra i quarantenni e i boomer veri e propri, quelli per cui la casa deve essere di proprietà (spiegavo su Lega Nerd insieme all’amico Lugg nel 2013 perché il mito della casa di proprietà fosse sopravvalutato), quelli che danno dei falliti ai figli se non vogliono o non sono in grado di accendere un mutuo e acquistare la tanto agognata prima casa. Ma non è di proprietà di casa che voglio parlare, bensì dell’articolo su ByoBlu.

Articolo da cui riprendo:

Quanti di noi sognano una casa bella, spaziosa, confortevole, ma soprattutto di nostra proprietà, con l’obiettivo di stabilire delle radici e perché no porre le basi per la costruzione di una famiglia? Bene tutto questo potrebbe restare nel mondo onirico, perché una certa élite ha in programma un futuro diverso per i suoi sudditi. La casa del futuro dovrà infatti essere funzionale alle nuove esigenze del sistema produttivo, in una parola dovrà essere smart, e cioè intelligente, adattabile, ma soprattutto piccola.

Le grandi multinazionali stanno già lavorando in questo senso e Ikea ha già pronto il modello di casa del futuro. Questa abitazione misura 17 metri quadri di superficie, più piccola di un qualsiasi monolocale di città. In questo spazio angusto si potrà comunque disporre di tutti mobili che Ikea offre, dalla cucina alla camera da letto. E come da gergo aziendale, tutto dovrà essere razionalizzato e funzionale…

…La novità è che la casa sarà mobile, attaccata ad un veicolo, obbligando i residenti ad un continuo movimento, alla ricerca, si presume, di un lavoro che sarà sempre più scarso.

L’articolo di ByoBlu insiste su questo tema: i potenti della terra ci vogliono ridotti a vivere in spazi angusti, meglio se mobili, e non di nostra proprietà. Peccato che nello stesso articolo di ByoBlu venga linkato un testo, redatto dal World Economic Forum, che non dice esattamente quanto sta sostenendo Crudelini. Basta leggerlo e non limitarsi alle prime righe. Titolo (tradotto):

Quattro motivi per considerare il co-housing e le cooperative abitative per una vita alternativa

Già la prima delle quattro ragioni sfata la sciocchezza della casa piccola, visto che il testo del WEF inizia proprio così:

Vivere in una grande casa con il proprio lago in barca è fuori dalla portata di molti, ma non per i membri della comunità Dol-Llys, che vivono vicino a Lllanidloes nel Galles centrale. Dol-Llys era originariamente una casa reggenza di proprietà del consiglio della contea, ma è stata acquistata da sei famiglie nel 1992.

Dopo ci viene raccontato che la casa grande è circondata da 14 acri di terreno, dove le sei famiglie che hanno comperato la proprietà raccolgono legna e coltivano verdure. Altro che casa piccola come sosteneva Crudelini, anzi, negli esempi ne portano altre due di case, anch’esse decisamente grandi. Spiegano solo come sia più facile accedere a questo genere di proprietà se ci si accorda con amici con cui co-abitarle. Non ci vedo nulla di male.

Nel secondo punto ci viene spiegato che la co-abitazione può essere un bene per l’ambiente, perché condividendo determinare risorse possiamo fare dei risparmi non da poco. Mangiare in più persone fa consumare molte meno risorse di quante invece non ce ne vogliono per mangiare in tanti piccoli gruppi frammezzati. Lo stesso vale per le interazioni sociali. Lasciate perdere il pessimo articolo di ByoBlu e guardate il video che si trova sulla pagina del WEF:

Non sono case piccole, non sono case come le racconta Crudelini, anzi, sono quanto di più simile a un condominio italiano degli anni Sessanta. Nulla che dovrebbe farci venire ansia, come invece fa l’articolo di ByoBlu, tutt’altro. Un condominio con degli spazi comuni ben gestiti, davvero c’è da spaventarsi? Riporta sempre ByoBlu:

Nel mirino ci sono in particolare le persone anziane, spesso proprietarie di immobili che l’élite di Davos ritiene troppo grandi rispetto alle esigenze di una o due persone. Gli anziani dovrebbero quindi aprire le porte di casa loro e ospitare altre persone per razionalizzare il loro spazio abitativo secondo i desiderata dell’élite.

Ma anche qui siamo di fronte a una mezza bugia, raccontata appositamente per far leva sulla paura, come si capisce facilmente anche dai toni usati e dalla scelta delle parole. L’articolo del WEF parla di anziani, ma non per spingerli ad aprire le porte delle loro case, bensì per spiegare perché il convivere tra persone di una certa età possa essere d’aiuto al loro benessere:

Ci sono prove che la vita in comune, e in particolare il mangiare regolarmente con gli altri, può aumentare il benessere e può anche ridurre la sensazione di solitudine.

Alcune comunità – come il progetto Older Womens Co-Housing nel nord di Londra – sono state create appositamente come alternativa alla vita solitaria. Maria Brenton, portavoce di lunga data del progetto di Londra e sostenitrice del co-housing per anziani, ha svolto ricerche approfondite sugli aspetti del benessere della vita in comunità e suggerisce che il co-housing ha il potenziale per “mantenere le persone anziane attive, in salute e impegnate e riduce la domanda di servizi sanitari e di assistenza sociale”.

Da nessuna parte nel testo si parla di cedere le proprie proprietà od offrirle ad altri. Ma viene solo spiegato che chi dopo una certa età vive da solo soffre problemi che con la convivenza sono ridotti. E parlando di convivenza si fa l’esempio del video che vi ho pubblicato poco sopra, dove ognuno ha la propria casa, cucina, salotto, ma dove la struttura in cui gli appartamenti sono collocati è progettata per spingere a una maggiore socializzazione.

Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

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