L’omeopatia al contrattacco

OMEPATIA-LOCATI

Gioia, ancora tu? Ma non dovevamo non vederci più?

E invece ritorna con piacere sulle nostre pagine la cara Gioia Locati, che continua tramite le pagine del suo blog su Il Giornale a spandere pillole di saggezza medico-scientifica.

Questa volta l’argomento è l’omeopatia, di cui Gioia ci parla con molto trasporto. A me dopo aver letto tutto l’articolo è venuto il dubbio che si possa trattare di pubblicità ingannevole, ma io sono una persona prima di tutto particolarmente maliziosa, quindi non fidatevi delle mie parole.

L’articolo s’intitola:

Omeopatia, cosa c’è da sapere

ed è stato pubblicato il 25 aprile, Gioia a quanto pare non festeggia la Liberazione.

La premessa è lunghetta, come del resto l’intervista che la segue. Vediamo insieme alcuni dei punti toccati da Gioia e dal presidente di Omeoimprese:

Lo sapete che entro il 2018 i prodotti omeopatici diventeranno farmaci approvati da Aifa?

Sì, purtroppo lo sappiamo, come sappiamo che il termine era il 31 dicembre 2015, e pur di salvare l’industria dei prodotti omeopatici il governo e l’AIFA (dannati loro) han spostato il termine di altri tre anni, così da dar modo ad altri fuffari che vendono acqua e zucchero di entrare nelle liste di prodotti registrati. Come ci spiegava il sito Farmacista33:

Dopo innumerevoli rinvii, la legge di stabilità 2015 ha fissato la scadenza per la registrazione semplificata di questi farmaci al 31 dicembre 2018 e con il comma 590 ha stabilito le tariffe a carico delle aziende titolari per il rilascio dei provvedimenti di A.I.C degli omeopatici: 800 euro per i medicinali unitari, indipendentemente dalle diluizioni e dalla forma farmaceutica, 1.200 euro per i medicinali complessi, indipendentemente dal numero dei componenti e dalla forma farmaceutica.

Si tratta di cifre abbastanza ridotte visto che alla fine andranno analizzate boccette e pilloline che contengono solo acqua e zucchero, ma anche così già due anni fa qualcuno se ne era lamentato, perché un conto è voler esser considerati farmaci, ma quando si tratta di pagare essere considerati farmaci sta sullo stomaco a tutti.

Lo sapete che sono 25mila i medici italiani che prescrivono omeopatia e non si può essere omeopati senza essere medici?

Sì, lo sappiamo (anche se fino a pochi mesi fa si diceva fossero ventimila, ma gonfiare i numeri è come aumentare le diluizioni, non fa mai male), come sappiamo che in Italia al momento ci sono oltre trecentosessantamila medici iscritti all’ordine, e quindi quei venticinquemila sono una cifra davvero esigua, diciamo che è circa il 7% dei medici italiani. E il restante 93% come mai non la prescrive? Non sarebbe il caso fare un articolo su questo?

Lo sapete che l’80% degli italiani conosce la medicina omeopatica, il 20% la utilizza abitualmente e un adulto su tre vi ricorre per i propri figli (Fonte: EMG ACQUA marzo 2016)?

Onestamente non vedo perché debba considerarsi un dato importante, l’80% degli iscritti a Facebook ha sentito parlare delle scie chimiche, ma questo non vuol dire che ci creda (anche se ho il dubbio che Gioia invece sì). Il 20% di utilizzatori può anche essere un dato reale, ma mi preoccupa molto di più quell’italiano su tre che la usa per i propri figli, perché sappiamo bene certe storie come sono andate a finire. Però il dato del 20% mi lascia decisamente dubbioso, suona come un numerone lanciato per aria, anche perché le ricerche degli ultimi anni dicono esattamente il contrario, come infatti ci racconta Wiki italiana:

Diffusione in Italia

Riguardo all’uso di terapie alternative l’Istat ha svolto, dal 1991 al 2005, quattro indagini statistiche, su un campione di 30.000 famiglie, evidenziando anche in questo caso un calo di popolarità negli ultimi anni: dal 2000 al 2005 la percentuale di italiani che ne hanno fatto uso risulta diminuita dall’8,2% al 7%. Inoltre, al 2005, il Trentino-Alto Adige, con il 18,3%, si attesta come la regione con la maggior percentuale di persone che abbiano fatto uso di cure omeopatiche. Nel 2013 si è registrato un ulteriore calo, con il 4,1% di utilizzatori, nell’ambito di un generale calo di utilizzo della medicina alternativa (dal 13,7% del 2005 al 8,2% del 2013).

Quindi quel 20% risulta un numero campato lievemente in aria, cara Gioia, non è che ti sei fidata delle parole di Omeoimprese senza controllarne l’attendibilità?

Lo sapete che le aziende italiane, che sono 27, non possono produrre e vendere nuovi omeopatici dal 1995? E, nonostante ciò, non sono fallite garantendo 4mila posti di lavoro. Anzi, nel 2015, il fatturato delle aziende – pari a 165 milioni annui (mentre quello delle vendite in farmacia è di 330 milioni) – è cresciuto del 3%?

Quello che questi numeri non ci raccontano è, prima di tutto, che se oggi le aziende sono ventisette nel 2001 erano quaranta, quindi il trend non è positivo, ma negativo: l’industria omeopatica in Italia è in crisi. L’altra cosa che non ci viene raccontata è che siamo tutti bravi ad aumentare i fatturati, basta vendere a cifre più alte. E difatti già quindici anni fa Report (trasmissione che non amo più di tanto, che va seguita ma senza prendere per oro colato tutto quanto riporta) evidenziava come i prodotti omeopatici in Italia costassero tra il 140 e il 180% in più degli stessi prodotti su territorio francese, rilevando che fosse plausibile l’esistenza di un “cartello” che manteneva i prezzi così elevati. La trasmissione è vecchiotta, ma suggerisco a tutti di riguardarsela, i fatti non mi sembrano cambiati più di tanto.

Lo sapete che gocce e granuli omeopatici non sono illegali (e neppure pozioni miracolose) ma fino ad oggi sono rimasti in commercio grazie al permesso del Ministero della Salute (Aic, autorizzazione di immissione in commercio). E che tutti gli ospedali della Toscana, più alcuni in altre regioni li prescrivono ai malati come terapie in aggiunta?

È vero, non sono illegali, e non sono pozioni miracolose, sono solo acqua e zucchero, e le ricerche dimostrano (già dal 2005) che non hanno nessuno effetto aggiuntivo rispetto ad un comune placebo. Poco conta che esistano ospedali che li prescrivono o medici che ci credono, si tratta di prodotti che costano tanto senza aver nessuna vera indicazione terapeutica.

Lo sapete che, per il ritardo nel recepire la Direttiva europea (già accolta invece in altri Paesi), le nostre aziende non possono esportare i loro prodotti?

Sì, lo sapevamo, ma occorre tenere presente che il ritardo non è dovuto solo e unicamente a problematiche legate all’AIFA. Come spiegava Panorama già nel 2014:

Ad impedire alla direttiva europea del 2006 di essere recepita non solo sulla carta, in primis la questione delle tariffe di registrazione e rinnovo troppo elevate per le aziende omeopatiche italiane: 80 milioni di euro il costo stimato in difetto, dopo il decreto Balduzzi, con un’incidenza sul fatturato annuale pari al 48,4 per cento. Tra il 2012 e il 2013, la tassa per la registrazione è aumentata in maniera enorme, passando da 31 euro a 23 mila. A ciò si aggiungono parametri per la valutazione, richiesti dall’Aifa, insensati per i prodotti omeopatici ai quali è impossibile applicare le stesse regole imposte dalla chimica di sintesi.

Quindi le due principali motivazioni del ritardo sono da imputarsi al fatto che per le aziende i costi di registrazione (equivalenti a quelli per la medicina tradizionale, e non vedo perché se si reputano farmaci anche loro debbano pagare di meno) erano troppo elevati e le regole di valutazione insensate. Calma e gesso, spiegatemi un po’ questa cosa: sulla carta chi produce e vende prodotti omeopatici vorrebbe esser equiparato a una casa farmaceutica, mentre per quanto riguarda le regole di autorizzazione di vendita invece si vorrebbe fossero diverse? E perché? Se sono farmaci come tali van trattati, sia in fase di produzione che di vendita, no? Curioso notare che nell’articolo di Panorama le aziende produttrici  siano diventate trenta nel 2014, da quaranta che erano nel 2001, ed oggi la Locati ci dice siano ventisette.

Lo sapete che, in settembre, Giovanni Gorga, presidente dell’associazione Omeoimprese e dirigente dell’azienda Guna, ha pubblicato il libro “Elogio dell’omeopatia” (Il Cairo) con la prefazione del ministro Beatrice Lorenzin?

Eh no cara Gioia, il libro è uscito con la prefazione del Ministro, e la cosa è nota a tanti, perché la prefazione ha fatto così tanto scalpore che se ne è parlato sui giornali a lungo, e come riportava Marco Bella sul suo blog sul Fatto Quotidiano ad ottobre 2015:

Giovanni Gorga, il presidente di Omeoimprese, l’associazione di categoria che riunisce le aziende produttrici dei cosiddetti “medicinali omeopatici”, ha annunciato che il suo libro Elogio della omeopatia sarà ristampato senza la prefazione della ministra della salute Beatrice Lorenzin, in quanto “non autorizzata”.

Quindi questo Lo sapete fa un po’ di sana disinformazione, forse per convincere i lettori che se la prefazione è del Ministro ci sarà pur qualcosa di buono nel libro. E invece no.

Lo sapete che, dopo 40 giorni dall’uscita del libro, dopo i ringraziamenti da parte del ministro, dopo le presentazioni e le recensioni, Lorenzin ha annunciato di voler ritirare la prefazione (molti giornali ne hanno parlato) ma di fatto ancora oggi la si trova nelle edizioni presenti nelle librerie? Sí, la prefazione è rimasta a introdurre il libro di Gorga…

Ah ma allora lo sapevi anche tu, siamo tutti concordi che sia curioso che la prefazione appaia ancora pubblicizzata sulla copertina del volume, purtroppo a Bologna non l’ho trovato in nessuna delle librerie della mia zona, ma sarà un piacere chiedere lumi al Ministro Lorenzin sulla questione. Perché se la Lorenzin ha ritrattato le proprie parole è grave, ma se invece l’editore se ne è infischiato pensando che passata la buriana nessuno se ne sarebbe accorto, beh in quel caso credo che ci possano essere penali da pagare, sempre chi il libro sia stato venduto con la prefazione e non sia così solo per l’immagine pubblicitaria che appare nei vari siti, ma l’edizione stampata ne sia in realtà priva.

Da qui in poi Gioia intervista appunto Giovanni Gorga. Alcuni dei botta e risposta sono dei doppioni di quanto già detto poco sopra, ma qualche domanda è interessante.

Dunque, in un anno e mezzo, Aifa controllerà tutti i 15mila omeopatici?
“Non sarà cosí. Perchè la procedura è costosa e le aziende non hanno interesse a pagare una tariffa di registrazione per quelle formulazioni che vengono usate pochissimo. Insomma, alla fine i prodotti si ridurranno a 7-8mila”.

La procedura è costosa perché, come già detto, equiparata a quella delle medicine allopatiche. E anche in quel caso i VERI prodotti di bassa vendita devono sottostare a norme che ne aumentano i costi di produzione in maniera esagerata. Ed è per quello che certe medicine di nicchia (ma che per la nicchia sono salvavita) costano un occhio della testa. Pochi le devono usare e quindi il costo della registrazione e dei controlli viene spalmato su pochissimi consumatori finali. Ma salvano vite, mentre il prodotto omeopatico di nicchia è solo l’ennesima boccettina di acqua e zucchero venduta a peso d’oro (no scusate, platino), quindi non piangiamo troppo se da quindicimila prodotti si passerà a soli sette-ottomila, sono sempre troppi.

Chi osteggia l’omeopatia?
“È un limite culturale di cui soffre l’Italia, non la Francia, il Belgio o la Germania”.

Big Pharma?
“Direi di no. Se pensiamo che i 300 milioni di fatturato degli omeopatici rappresentano l’1% del settore farmaceutico. Per quanto possa vendere l’arnica non sarà mai come l’aspirina.”

E qui cadiamo nel complottismo più becero (più da parte della Locati che del presidente di Omeoimprese): BIGPHARMA??? Suvvia, Gioia, BigPharma è un termine che vuol dire tutto e nulla, lo si usa in settori dove non si parla di medicina ma di pseudocure, come sulle pagine social del tuo amico Domenico Biscardi (ah, a proposito, salutamelo quando lo vedi). E difatti Gorga è pronto alla risposta, l’omeopatia vale come un foruncolo sul sedere dell’industria farmaceutica. Chi osteggia l’omeopatia sono le ricerche, quelle vere, che hanno dimostrato che il suo valore è pari a quelli dei prodotti placebo, quindi acqua e zucchero, nulla di più.

L’omeopatia funziona?
“Le rispondo da imprenditore: qualunque settore che per 30 anni non inserisce novità sul mercato, va a picco. Il nostro continua a crescere, nonostante leggere flessioni negli anni di crisi…”

E qui purtroppo casca l’asino, una risposta non risposta, ottima per il grande pubblico, visto che in quei tre puntini finali lascia le considerazioni ai lettori. Purtroppo per Gorga i numeri dicono il contrario, ci sono sempre meno persone che usano prodotti omeopatici, sempre meno medici che li prescrivono e anche i farmacisti che li consigliano sono diminuiti (io dal mio ad esempio, che ogni volta che chiedevo qualcosa per mal di gola e raffreddore mi proponeva rimedi omeopatici, ho smesso di andare). Ovvio che basta aumentare i margini di guadagno per gonfiare i fatturati, ma non è così che si analizzano le vendite.

Due parole sul principio attivo nei prodotti, la critica più frequente paragona l’omeopatia all’acqua fresca.
“Nel 70% delle formulazioni il principio attivo è presente, in basse dosi ma c’è. Gli altri sono effettivamente più diluiti e il principio attivo scompare, ma vi è una logica in queste preparazioni e vi sono degli effetti…”

Le formulazioni che contengono il principio attivo non sono prodotti omeopatici, ma fitoterapici spacciati per omeopatici. Perché anche questo è marketing. La logica nelle preparazioni è fuffa, basata su ipotesi mai provate come gli effetti che ad oggi risultano inesistenti per la comunità scientifica o al massimo paragonabili al placebo.

Effetti che si possono spiegare?
“La scienza oggi non è in grado di rendere conto di tutto ciò che ci circonda ma il fatto che non vi siano certezze sul meccanismo d’azione non significa che l’efficacia non ci sia. Recenti studi di autorevolissimi studiosi, fra i quali il Nobel per la medicina Luc Montagnier potrebbero spiegare il meccanismo d’azione dei medicinali omeopatici (qui il lavoro scientifico, Dna waves and water sulla prestigiosa rivista di fisica Journal of Physic e qui una sintesi presentata dal Corriere della sera).

Eh no, mi dispiace, ma qui scadiamo davvero nella pura fantasia, gli effetti si possono spiegare solo in una maniera:

  • Effetto placebo, la reazione psicologica, e talvolta anche fisiologica, di un paziente alla somministrazione di un placebo.

Nulla di più, nulla di meno. Citare Montagnier a mio avviso è segnare un autogol, visto che è lo stesso soggetto sfruttato dai negazionisti dell’AIDS, quando invece la comunità scientifica l’ha sbugiardato più e più volte. Capiamoci, il Nobel lo ha vinto per quello che aveva fatto fino al momento dell’assegnazione, non per quanto ha riportato successivamente. Non metto in dubbio se lo meritasse, ma nessuno lo ha premiato per le sue affermazioni su HIV, omeopatia e quant’altro. Ad oggi restano teorie ed ipotesi campate per aria a cui non hanno fatto seguito studi e ricerche scientifiche che abbiano dimostrato alcunché.

L’omeopatia è una medicina alternativa?
“Non è alternativa, casomai complementare, l’omeopatia è uno dei tanti strumenti a disposizione del medico”.

In realtà il National Center for Complementary and Alternative Medicine (NCCAM) la definisce proprio medicina alternativa, e non complementare.  Come spiega Wiki italiana:

Le medicine alternative hanno diversa genesi: incorporano la medicina tradizionale, rimedi aneddotici, credenze spirituali o si fondano su nuovi approcci che si presumono terapeuticiQueste pratiche sono spesso raggruppate sotto il termine di medicina complementare, e si parla perciò di medicine alternative e complementari (CAM). Alcuni ricercatori nell’ambito della medicina alternativa rifiutano questa categorizzazione, preferendo enfatizzare i differenti approcci delle diverse pratiche, sebbene il termine “CAM” sia diventato ormai lo standard.  Il termine medicina complementare è perlopiù usato per descrivere quelle pratiche che sono usate in congiunzione o come complemento di terapie tradizionali. Analogamente, si parla di medicina integrativa per quella medicina che usa sia pratiche tradizionale che alternative. Le affermazioni di efficacia dei sostenitori delle medicine alternative sono generalmente non accettate dalla comunità scientifica, per la mancanza di prove a sostegno circa l’efficacia e la non pericolosità dei trattamenti. Nel momento in cui le ricerche scientifiche consentono di misurare l’efficacia del trattamento alternativo, questo esce dall’alveo della medicina alternativa per confluire nell’alveo della medicina scientifica.

L’omeopatia non è un complemento della medicina tradizionale, la si usa per lo più da sola, per curare mali che se ne andrebbero comunque da soli trascorso il loro periodo. La maggioranza di chi usa l’omeopatia fa vanto di non usare altri tipi di medicina, quindi non c’è davvero nulla di complementare.

Non ritengo serva aggiungere altro a questo lungo papiro, so che i convinti che l’omeopatia faccia miracoli rimarranno della loro idea, ma non è mia intenzione convincere nessuno, solo aiutare i dubbiosi ad avere ulteriori spunti di ricerca sulla bontà della stessa.

maicolengel at butac.it