Il documentario di Mazzucco sull’Ucraina e la post-verità – Volume 2

Se torturi le fonti abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa

Torniamo, per questo secondo episodio (potete leggere il primo qui), a usare il documentario di Mazzucco come pretesto per parlare di una tesi che in Italia ha preso piede immediatamente, dal 24 febbraio: la NATO e le sue responsabilità nell’invasione russa.

Mazzucco osserva che la NATO, caduta l’Unione Sovietica, non avrebbe più avuto motivo di esistere, perché era un patto difensivo contro una coalizione che ormai non c’era più.

Il dubbio è ragionevole, ma invece di cercare di indagare e spiegarci i motivi per cui la NATO esiste ancora oggi, il video trae questa conclusione: “Gli USA se la tengono ben stretta, la NATO, perché può essere utile contro la Russia per farla definitivamente crollare”.

Ma non è tutto: ci sarebbe una strategia ben precisa dei neoconservatori per “togliere di mezzo” la Russia indebolendola sul piano militare (NATO allargata) ed economico (obbligare la Russia ad armarsi, impoverendola con le sanzioni, che farebbero già parte del piano).

Le prove a sostegno di questa strategia sarebbero tre:

  1. Un documento (pubblico) del PNAC, un think-tank di conservatori;
  2. Il libro di un conservatore in pensione che parla di politica del primato americano;
  3. Uno spezzone di pochi secondi di un video del 1997 in cui Biden (allora senatore) sembra proporre all’Atlantic Council l’idea di scatenare le ire della Russia allargando la Nato ai paesi baltici.

Si tratta, dice il conduttore, “di invogliare e portare dalla parte dell’Occidente, uno a uno, i vari Paesi ex-sovietici del Patto di Varsavia per circondare la Russia”. Si tratta, inoltre, di “far innervosire i russi e provocarli”.

Ora: immaginiamoci per alcuni secondi, in una stanza piena di americani con la cravatta, questa scena in cui ci si organizza seriamente per:

  • invogliare i paesi ex-sovietici a passare dalla parte dell’Occidente;
  • innervosire i Russi;
  • toglierli di mezzo.

Immaginiamoceli molto seri e risoluti, solo di tanto in tanto tradendosi con un sorrisetto diabolico.

La strategia, prosegue il video di Mazzucco, è chiara, molto semplice e viene attuata puntualmente: tra il quarto allargamento del 1999 e il quinto allargamento del 2004, per accerchiare la Russia manca solo l’Ucraina (la mappa è chiarissima, anche se è un falso, come spiega Parabelum, è una mappa-meme). Infatti, dice il documentario, è proprio nel 2004 che avviene la prima rivoluzione colorata – finanziata dagli Stati Uniti – per portare anche l’Ucraina nella sfera occidentale (sempre per innervosire i russi, soprattutto).

I paesi ex-sovietici “invogliati”

Torniamo per un attimo ai Paesi ex-sovietici e spostiamo il punto di vista su di loro, magari ci interessa il loro parere.

Non è così strano, se proviamo ad assumere un punto di vista diverso dal nostro, che intere generazioni nei Paesi in questione guardassero all’Occidente con speranza, già prima del crollo.

I film, i libri e la musica occidentali avevano iniziato a penetrare nel paese attraverso il mercato nero. Ognuno metteva insieme una propria versione dell’Occidente, il proprio puzzle dell’idea di libertà.
(Pomerantsev)

Per quanto, ai nostri occhi occidentali, tutto l’entusiasmo nei confronti del nostro mondo possa sembrare (soprattutto oggi) iper-idealizzato e illusorio, non è così necessario tirare in ballo una qualche strategia occulta dei neocons per capire cosa fosse ad “invogliare i paesi ex-sovietici a passare dalla parte dell’Occidente”. Se vogliamo concentrarci sulle persone anziché sui processi geo-politici o sulle macchinazioni delle lobbies, abbiamo intere librerie di film e libri bellissimi a testimoniarlo.

La “rivoluzione di velluto” prende il nome dai Velvet Underground (è una storia molto bella, per chi la volesse approfondire. Lo so, c’è anche una versione diversa sul nome, ma io qui sono decisamente di parte). A Vilnius, a metà anni Novanta, viene eretta una statua in onore di Frank Zappa (che, tra l’altro, non è mai stato in Lituania). Sono solo due esempi (tra tantissimi altri) che mi piacciono perché li trovo particolarmente buffi: due simboli di libertà occidentali pescati direttamente dalla contro-cultura più underground.

I Paesi ex-sovietici insofferenti

Questa voglia di emancipazione va inserita, per tornare all’episodio precedente, in un quadro di disagio nei confronti di un sistema che non funziona: insofferenza nei confronti delle inefficienze dell’autoritarismo, bisogno sfrenato di pluralismo e libere elezioni. In una parola: democrazia di tipo occidentale.

(…) molti paesi di recente democratizzazione si sono trasformati in uno stato in cui formalmente le pratiche democratiche vengono rispettate, prima fra tutte lo svolgimento delle elezioni. In questi paesi però il gruppo che si trova al potere è in grado di influenzare o controllare tutta una serie di elementi (mezzi di informazione, costituzione di rapporti clientelari fra datore di lavoro e lavoratori o fra eletto ed elettore, l’educazione, la scelta del sistema elettorale e delle leggi che la regolano, la partecipazione alle elezioni e la libertà di associazione) che alla fine rendono improbabile, se non impossibile, una vittoria delle opposizioni. Tali regimi, pur mostrando una facciata democratica, ovvero mettendo in scena periodicamente lo spettacolo della competizione elettorale, sono di fatto degli Stati autoritari: per questo chiamati autoritarismi competitivi.
(Simone Attilio Bellezza)

Quello sulla NATO è un meta-dibattito

La cosa più interessante a me sembra quello che oggi è soprattutto un dibattito nel dibattito: il punto non è tanto capire (in questo preciso frangente, senza assolvere la NATO in assoluto) se dare tutti i torti a Putin o se spartirli tra lui e l’Occidente, ma capire come possa esistere qualcuno che abbia anche solo voglia di farlo. E capire perché. Un pensiero particolarmente brillante, secondo me, lo tira fuori, su Repubblica, Massimo Recalcati, parlando di una mancata elaborazione del lutto da parte di una certa sinistra italiana nei confronti del crollo dell’Unione Sovietica:

La tesi della guerra ucraina come “guerra per procura” è l’ultima di una serie di tesi che interpretano la serie degli eventi traumatici più recenti (11 settembre, terrorismo, guerre in Afghanistan e in Iraq, pandemia) come espressione della regia occulta e criminogena degli Stati Uniti avallata dal ruolo di comparsa impotente giocato dall’Europa. Il lutto mancato per la fine di un mondo – quello che l’Unione sovietica aveva incarnato – si rovescia così nel sospetto cronico nei confronti delle democrazie.

Sia come sia, in questa guerra le accuse alla Nato da noi sono un refrain ricorrente, tanto che arrivano dalle voci più inaspettate: Alessandro Barbero, il Papa… Quindi proviamo a dare una chance a questa narrazione, e cerchiamo di capire se gli argomenti (almeno quelli portati da Mazzucco) sono convincenti.

Passo la penna a Michele sulle prime due fonti, io tornerò sulla terza nel prossimo articolo, perché mi piace tantissimo.


Dopo avere parlato dell’allargamento a est della Nato, Mazzucco passa ad analizzare quella che lui ritiene essere stata la direzione politica statunitense a partire dagli anni Novanta, concentrandosi sostanzialmente sui neocons (in particolare il think tank PNAC – Project for the New American Century) e sul libro di Zbigniew Brzezinski The Grand Chessboard. È importante soffermarci su questi due aspetti perché sono tra le pochissime fonti che Mazzucco cita, e possiamo così farci un’idea del modo in cui utilizza i documenti.

I neocons

Nell’ultimo decennio degli anni Novanta è emersa nella politica americana una fazione nota come neocons (neo-conservatori) che avrà un certo peso all’interno dell’amministrazione di Bush jr. Mazzucco evidenzia il desiderio di questa nuova corrente di mantenere il più a lungo possibile la supremazia americana così come si è venuta a configurare dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Il mezzo attraverso il quale prolungare il più possibile quest’egemonia sarebbe il mantenimento della superiorità strategica americana contro qualunque altra potenza nucleare (Russia compresa, ovviamente). Esiste anche un documento pubblicato dal think tank Project for the New American Century, Rebuilding America’s Defenses: Strategies, Forces, and Resources For a New Century (disponibile qui), che secondo Mazzucco propugna proprio questa tesi.

Il problema è che non esiste nessun particolare rilievo sulla Russia nel documento che viene citato. Bisogna tenere conto che Rebuilding America’s Defenses è stato scritto nel 2000 e che all’epoca le relazioni tra gli Stati Uniti e la Russia erano buone, e sarebbero migliorate ulteriormente dopo l’attentato dell’11 settembre. Quindi gli autori del documento non erano particolarmente preoccupati od ostili nei confronti della potenza russa, in un certo senso sembra proprio che la sottovalutassero decisamente, considerandola un problema del passato:

Oggi la Germania è unita, Polonia e Repubblica Ceca sono membri della NATO, e l’esercito russo si è ritirato alle porte di Mosca ed è primariamente impegnato nel Caucaso e più in generale a sud [Today Germany is unified, Poland and the Czech Republic members of NATO, and the Russian army has retreated to the gates of Moscow while becoming primarily engaged in the Caucasus and to the south more generally].

Mazzucco inoltre sostiene che parte della (inesistente) strategia volta a colpire la Russia sarebbe il continuo allargamento della NATO sempre più ad est, al fine di costringere i russi a spendere una quantità enorme di soldi – che non hanno – nell’esercito. Il problema è che di questo nel documento viene fatta un’unica menzione:

La necessità di stabilizzare i Balcani, l’espansione della NATO (inclusa la Partnsership for Peace) e altre missioni relative a quel teatro rendono impensabile aspettarsi che le forze USA in Europa possano essere velocemente disponibili per altre crisi, come invece il Pentagono presume [The requirements of Balkans stabilization, NATO expansion (including Partnership for Peace) and other missions within the theater render it unrealistic to expect U.S. forces in Europe to be readily available for other crises, as formal Pentagon planning presumes].

Questo trafiletto è particolarmente importante perché ci dice due cose: la prima è che l’espansione della NATO non è in contrasto con il Partenariato per la pace di cui la Russia era (ed è ancora) membro; la seconda è che gli autori di questo documento non auspicavano di aumentare le forze armate americane in Europa, ma di diminuirle. L’idea infatti era quella di passare da due divisioni pesantemente armate, più altre unità di supporto, a una brigata pronta per un intervento rapido:

[U.S. Army Europe should be transformed from a single corps of two heavy divisions and support units into versatile, combined-arms brigade-sized units capable of independent action and movement over operational distances].

Tenete conto che una brigata è circa un terzo o un quarto di una divisione. Questi sono i fatti che dimostrano come, anche negli ambienti più conservatori, non esistesse nessuna volontà di portare la Russia a una corsa agli armamenti, o di minacciarne l’esistenza. O Mazzucco non ha letto il documento oppure ha un inglese un po’ selettivo.

The Grand Chessboard

L’altro documento che secondo Mazzucco testimonierebbe il desiderio americano di annichilire la potenza russa è The Grand Chessboard di Zbigniew Brzezinski. Nel libro verrebbe propugnata la necessità di allargare la NATO per circondare la Russia con un cordone sanitario sempre più minaccioso e preoccupante. Ma le cose non stanno proprio come dice Mazzucco.

L’autore del libro, Zbigniew Brzezinski, è stato consigliere per la sicurezza nazionale dal 1977 al 1981 sotto la presidenza di Jimmy Carter, e successivamente ha avuto ruoli concernenti la politica estera nell’amministrazione Regan. Anche dopo essersi ritirato è rimasto un commentatore autorevole per ciò che riguarda la politica statunitense nel mondo. Si trattava sicuramente di un personaggio non banale, perché ebbe il coraggio di essere uno dei pochissimi a condannare l’intervento in Iraq voluto da Bush Jr (2003): e questo prima che si scoprisse che le armi di distruzioni di massa erano una balla clamorosa. È stato anche molto critico sulla condotta e il concetto stesso di “guerra al terrorismo”.

Nel 1997 ha scritto The Grand Chessboard (disponibile in .pdf qui) in cui delineava quelle che avrebbero dovuto essere, a suo avviso, le modalità della politica estera americana. Secondo l’autore, il dominio di un’unica superpotenza (gli USA) sul mondo è un fatto assolutamente nuovo nella storia e destinato a durare non più di una o due generazioni. Quindi i principali scopi della politica americana devono essere quelli di creare una rete di relazioni che permetta agli Stati Uniti di mantenere la loro egemonia il più a lungo possibile e promuovere un ordine internazionale in grado di mantenere la pace in un mondo in cui gli USA non sono più i numeri uno.

L’obiettivo degli Stati Uniti deve essere duplice: perpetuare la posizione dominante dell’America per almeno una generazione e preferibilmente oltre; creare un quadro geopolitico in grado di assorbire lo shock derivante dai cambiamenti politico sociali durante il passaggio ad un ordine geopolitico in cui la responsabilità per il mantenimento della pace globale sia condivisa.
[In brief, the U.S. policy goal must be unapologetically twofold: to perpetuate America’s own dominant position for at least a generation and preferably longer still; and to create a geopolitical framework that can absorb the inevitable shocks and strains of social-political change while evolving into the geopolitical core of shared responsibility for peaceful global management.]

Uno dei modi per ottenere questo obiettivo è il potenziamento di alcune organizzazioni internazionali, due delle quali sono la UE e la NATO. Un’Europa sempre più integrata, secondo Brzezinski, è fondamentale come partner degli Stati Uniti e l’allargamento della NATO è il modo per garantirne la sicurezza. Quindi in questo caso Mazzucco ha ragione, Brzezinski è un convinto assertore della necessità di estendere i confini dell’alleanza sempre più ad est, Ucraina compresa. La differenza è che per l’autore questo processo non è assolutamente pensato per antagonizzare la Russia: l’allargamento dell’alleanza deve essere accompagnato da mutue rassicurazioni tra l’Occidente e la Russia sul suo carattere non aggressivo.

[It is also crucial that, as Central Europe enters NATO, any new security assurances to Russia regarding the region be truly reciprocal and thus mutually reassuring. Restrictions on the deployment of NATO troops and nuclear weapons on the soil of new members can be an important factor in allaying legitimate Russian concerns, but these should be matched by symmetrical Russian assurances regarding the demilitarization of the potentially strategically menacing salient of Kaliningrad and by limits on major troop deployments near the borders of the prospective new members of NATO and the EU.]

Secondo Brzezinski la politica migliore nelle relazioni con la Russia sarebbe quella di avere dei contatti così stretti da prevedere una sempre maggiore integrazione russa nell’Unione Europea e nella partnership con gli Stati Uniti.

C’è da sperare che un rapporto di cooperazione tra un’Europa allargata e la Russia possa passare da trattati bilaterali formali a legami più organici economici, politici e di sicurezza vincolanti. In tal modo nel corso dei primi due decenni del prossimo secolo, la Russia potrebbe diventare sempre più parte integrante di un’Europa che non abbraccia solo l’Ucraina ma raggiunge gli Urali e anche oltre.
[It is to be hoped that a cooperative relationship between an enlarging Europe and Russia can move from formal bilateral links to more organic and binding economic, political, and security ties. In that manner, in the course of the first two decades of the next century, Russia could increasingly become an integral part of a Europe that embraces not only Ukraine but reaches to the Urals and even beyond.]

Perché questo possa accadere Brzezinski ritiene necessario che la Russia rinunci al suo passato imperialista (in particolare riconoscendo l’indipendenza dell’Ucraina) e si avvii verso la democrazia. Quindi l’autore non ha nessuna ostilità preconcetta nei confronti della Russia in sé per sé, ma è sicuramente contrario a lasciare che possa nuovamente coltivare le sue ambizioni espansioniste a scapito delle nazioni dell’Europa orientale.

Dunque in nessuno di questi due documenti citati da Mazzucco emerge la presenza di una strategia americana diretta contro la Russia in sé per sé. Quello che Mazzucco ha fatto è stato prendere due fonti che parlavano di tutt’altro argomento e distorcerle quel tanto che bastava perché portassero acqua al suo mulino. E questo è verificabile da chiunque, perché i documenti citati sono pubblici.

Una delle mie citazioni preferite recita “Se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa.” Vale anche per i documenti: se li torturi abbastanza a lungo, li togli dal contesto in cui sono stati scritti e tagli ad arte alcune frasi, otterrai tutto quello che vuoi sentirti dire.

Purtroppo Mazzucco sa di potere contare sul fatto che buona parte delle persone che guardano i suoi video desiderano farsi raccontare una storia, e non ha importanza se è basata sulla falsificazione della realtà, perché raramente andranno alla fonte per verificare.

anDREAM & Michele


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