Mestre, escono dal bingo e vengono picchiati
Il Secolo d’Italia il 15 febbraio pubblica una notizia con questo titolo:
Molestano la moglie. Lui la difende e viene picchiato con la figlia in braccio
La notizia nasce sul Messaggero o sul Gazzettino, non è chiaro chi dei due l’abbia pubblicata per primo, il Secolo (come anche Leggo) non fa altro che copiarla, l’originale titolava così:
Mestre, brutalmente picchiato in pieno centro mentre passeggia con la bimba in braccio
La notizia suona dubbia, il racconto è di poche righe, e in quelle poche righe c’è un informazione che a me non torna affatto:
Dopo una tranquilla serata trascorsa in centro città, i tre escono e fanno due passi prima di prendere l’auto e rientrare a casa.
Passano davanti al Bingo di via Guglielmo Pepe 2, e decidono di entrare per giocare un po’ e tentare la fortuna. Quando escono dalla sala gioco incrociano un gruppo di persone di colore che sanno uscendo dal bar: passando, uno di loro palpa il sedere alla donna. Il marito chiede cosa stessero facendo, e questi per tutta risposta gli dicono di farsi i c… suoi e lo prendono a calci e pugni incuranti che in braccio avesse la figlioletta di tre anni.
Quindi, papà, mamma e bimba di tre anni dopo la pizza sono andati in una sala bingo, ma le sale bingo dovrebbero esser vietate ai minori, come hanno fatto ad entrare con la bimba? Non è chiaro. Il racconto è tutto qui, inclusi i puntini puntini a mo’ di censura. Un po’ poco per una notizia che se fosse confermata sarebbe davvero brutta: degli stranieri hanno prima palpeggiato una mamma e poi picchiato il marito che teneva in braccio la figlia. Siamo sicuri dei fatti?
Ho chiamato il commissariato di Mestre, non ne sapevano nulla, mi hanno dirottato all’ufficio stampa della questura, e anche loro mi hanno confermato che la notizia a loro non risultava e che sicuramente non era partita dai loro uffici.
Quindi da chi ha ricevuto informazioni Elisio Trevisan che firma l’articolo sul Messaggero? Non si sa, io per ora ho seguito l’iter e ho scritto alla PEC della Questura richiedendo ulteriori informazioni e verifiche.
La stessa notizia è stata ripresa da Gazzettino e Leggo per ora, e tutti hanno copiato i primi ad averla pubblicata, parola per parola. Il fatto che nessuna testata tra quelle copia e incolla abbia fatto la benché minima verifica è già di per sé eticamente scorretto. Ci volevano tre minuti per sentire la questura e rendersi conto che mancano particolari per rendere la storia pubblicabile.
Bastava anche chiamare la sala Bingo citata, cosa che ho fatto, dove una cortesissima impiegata mi ha subito detto che nessuno di loro sa nulla della storia, che nella loro sala non fanno entrare minorenni, e che neppure il direttore in servizio sabato sera sa nulla dell’accaduto. La classica notizia fantasma.
Io purtroppo vivo a Bologna, non sono un giornalista della zona, anzi non sono proprio un giornalista, e più che chiamare questura, commissariato e sala bingo non posso fare. Ma già così, con le tre verifiche fatte, mai mi sarei sognato di pubblicare la storia. E invece qui viene data per certa e verificata e viene ripresa da altri. Fossi nelle quattro redazioni che per ora hanno pubblicato la storia mi preoccuperei, visto che la sala Bingo ha chiaramente detto che la cattiva pubblicità generata dalla notizia potrebbe fargli pensare di denunciare chi l’ha diffusa, almeno per vedere pubblicata la smentita.
È bello vedere che tutti parlano di #bastabufale, ma nessuno si prende la responsabilità di evitare di pubblicarle. È avvilente.
Vorrei ricordare che il Messaggero è lo stesso che qualche anno fa mi mandò a quel paese (in maniera molto meno educata) quando osai scrivere alla redazione di Roma per segnalare una notizia simile a questa, non verificata anch’essa. Io all’epoca ero ancora dell’idea che segnalare alle redazioni avesse senso, che fosse un gesto carino. E invece per tutta risposta fui attaccato a male parole, perché loro sono giornalisti, io un blogger del c….
Sia chiaro, hanno perfettamente ragione, io sono solo un piccolo blogger, ma vado fiero di quel che faccio e quando guardo i miei bimbi in faccia so che sto lavorando anche per il loro futuro.
Michelangelo Coltelli
maicolengel at butac punto it
Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon! Può bastare anche il costo di un caffè!