Porro e la ricalibrazione della libertà di pensiero
Sul blog di Nicola Porro il 25 maggio è apparso un articolo dal titolo:
L’idea inquietante di Davos: “ricalibrare” la libertà di pensiero
L’articolo appare sotto l’occhiello Censura Preventiva, e porta la firma Bianca Leonardi che racconta:
Se da una parte l’evento di Davos è riconosciuto per il suo immenso prestigio, non si può certo affermare che questa edizione sia iniziata con il miglior auspicio: il Commissario per le e-Safety australiano, Julie Inman Grant, si è fatta portavoce, infatti, di un vero inno alla censura e alla rivisitazione dei diritti umani.
“Penso che dovremo pensare a una ricalibrazione di un’intera gamma di diritti umani che si stanno manifestando online, dalla libertà di parola all’essere liberi della violenza online”
Limitare il diritto di parola: questa l’idea e la direzione che, secondo la politica australiana, dovrebbe essere promossa dalle élite mondiali auspicando a una maggiore sicurezza. La logica sembrerebbe infatti quella, tipica di una mentalità probabilmente più vicina al Medioevo, di privare le persone ad esprimere i loro pareri, o meglio i pareri non in linea con quelli “dettati”, seppur celatamente, dal perbenismo politicamente corretto.
Vi trascrivo quanto viene detto da Julie Inman Grant:
I guess I just say we are finding ourselves in a place where we have increased polarization everywhere, and everything feels binary when it doesn’t need to be, so I think we are going to have to think about a recalibration of a whole range of huiman rights that are playing out online, from freedom of speech to the freedom to be free from online violence or the right of data protection and to the right to child dignity.
La frase scelta da Porro e dai suoi sodali per fare titoli come quello che avete letto sopra rappresenta 27 secondi di un discorso durato 45 minuti. La stessa frase tradotta da Bianca Leonardi non è tutto quanto viene detto in quei 27 secondi. E non c’è nessun “inno alla censura” in quelle parole. Siamo solo di fronte alla presa di coscienza che la rete e certi meccanismi online portano alla necessità di rivedere certe posizioni.
Sostenere si tratti di un “inno alla censura preventiva” è disonestà intellettuale, ma da un sito come quello di Porro ci aspettiamo questo e altro. Inman Grant e gli altri presenti stanno solo ed unicamente spiegando come sia necessario cercare di tutelare i diritti di tutti online, proteggendo i più deboli. Invece Bianca Leonardi e Porro scelgono di abbracciare la linea di Andrew Lawton, politico conservatore canadese già salito agli onori delle cronache nel 2018 per una serie di dichiarazioni su donne, razza, LGBT e Islam che gli costarono critiche da ogni lato.
Lawton ironizza sul ruolo della donna nella società moderna, con battute che vanno dall’obbligo di indossare reggiseni, al diritto di parola. Per giustificare questo genere di commenti Lawton sostenne che la colpa fosse da imputare a un suo stato mentale alterato, ovvero ammise di soffrire di disturbi psichiatrici. Che si scelga di usare un tweet di un soggetto del genere per sostenere che ci sia un tentativo di nuove regole censorie per la rete è a mio avviso intellettualmente disonesto. Inman Grant e gli altri partecipanti al panel non stanno parlando di censura ma di comprendere che occorre stare più attenti, anche nella vita online, a cosa si dice e come lo si dice, accettando che le cose non sono solo bianche o nere, ma che esistono infinite gradazioni di grigio. E queste in un modo o nell’altro vanno tutelate.
Non come fa Lawton, che ritiene nel torto chiunque non sia cristiano.
Io suggerisco, a chiunque conosca l’inglese, di ascoltare tutto il panel, per rendersi conto che non c’è nessun inno alla censura, ma solo tante chiacchiere su come e perché sia importante rendersi conto di quanto ci sia bisogno di legislazioni per tutelare tutti – on e off line – e che quel tutti comprende la popolazione mondiale, di qualsiasi colore, religione, sesso, provenienza geografica. Non sono solo i bianchi occidentali ad aver diritti, quando ce ne renderemo conto avremo fatto un primo passo contro la discriminazione.
Non credo sia necessario aggiungere altro.
maicolengel at butac punto it
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