Red Ronnie e le frequenze, stavolta curative

Analizziamo l'esperimento di Gabriele Ansaloni con il macchinario amichevolmente denominato "Francesco"

Oggi trattiamo l’ennesimo video sulle frequenze curative girato da uno dei nostri idoli: Gabriele Ansaloni, meglio noto come Red Ronnie. Di questo argomento avevamo già parlato in un altro articolo e c’è veramente poco da aggiungere al riguardo, per cui mi sforzerò di rendere le seguenti righe quanto più fruttuose possibile.

La prima parte del video è introduttiva, dedicata alla presentazione del pionieristico lavoro sulle frequenze portato avanti dalla Engel s.r.l. di Forlì. Ansaloni ci tiene a precisare che si recava presso di essa per effettuare esami di «iridologia»:

L’iridologia è una pratica basata sull’osservazione dell’iride dell’occhio che, da coloro che la propongono, viene considerata una forma di analisi sullo stato di salute di un individuo. Si tratta di una pratica da considerare pseudoscientifica, non esistendo alcun fondamento alle sue teorie o alcun riscontro scientifico e fattuale che la convalidi. Diversi studi ne hanno provato l’inefficacia.

È una pratica che sembra essere stata in uso perfino nell’Antico Egitto, seppure la sua versione moderna derivi dalle ricerche condotte da Ignatz von Peczely verso la fine dell’Ottocento [lo stesso secolo che accanto alla fede positivistica nel progresso scientifico ha visto Cesare Lombroso cimentarsi nell’antropometria, sfociata in uno strabiliante «ammasso di dati raccolti senza metodo» (Agostino Gemelli, Fatti e dottrine a proposito di delinquenza e degenerazione, 1907, p. 201): “un ammasso di dati raccolti senza metodo”. Sono passati 117 anni].

Come conclude anche il sito Dottore, ma è vero che? della FNOMCeO:

L’iridologia non è supportata da nessuna prova scientifica e non riesce ad analizzare correttamente lo stato di salute di un individuo. Sebbene l’iridologia sia una tecnica diagnostica utilizzata da una gamma di terapisti naturali, inclusi naturopati, omeopati e naturalmente iridologi, non abbiamo prove a sostegno della sua efficacia

Tornando a noi, facendo una rapida ricerca in Google Maps è possibile localizzare l’azienda Engel: è stata aperta nel 1984, alla voce «attività» compare «fisioterapia» e risulta essere sede di un poliambulatorio; è possibile trovare un bilancio aziendale aggiornato al 2016, mentre su Google l’attività risulta «temporaneamente chiusa».

Ansaloni ci fa sapere che alla Engel nel 1995 «arrivò Tania Rivkina, una dottoressa professoressa russa». Cercando sul web, le prime cose che saltano fuori sono un video in cui la si vede parlare durante quella che sembra una sua conferenza e una sua breve biografia. Il video riporta in descrizione il nome di «Tania Rivkina», mentre la biografia riporta «Tatiana Rivkina». Non è possibile dire con certezza se si tratti della stessa persona, ma supponiamo sia così per due ragioni: 1. Tania parla di «energia di beatitudine», «energia di passione», affermando che «siamo esseri di luce», mentre Tatiana (oltre ad aver inventato una «tecnica di massaggio del viso basata su tecniche di medicina orientale») è stata relatrice di numerosi «Congressi di biorisonanza», di cui uno a Salsomaggiore nel 2003; 2. su Google compare una pagina al cui tentativo di apertura vengo fermato da un avviso di sicurezza dell’antivirus, per cui ho preferito evitare di procedere, soprattutto perché quanto necessario alla ricerca è già visibile nell’anteprima al di sotto del link: il nome della «Dott.ssa Tatiana Rivkina» è seguito dall’indirizzo gmail «tania.rivkina».

Alla luce di questi due indizi, crediamo di poter ragionevolmente supporre che si tratti della stessa persona. Ansaloni ci informa di essersi sottoposto a peculiari diagnosi e terapie presso la dottoressa, tutte incentrate sull’uso delle “frequenze” che sarebbero state in grado di guarire il suo herpes labiale:

«Io, ogni tre-quattro mesi, avevo un herpes […] Tania mi dice: “Quando ti viene, senti che ti comincia a fare prurito, tu vieni qui”. Lei metteva un affarino collegato al computer qui sopra [sulle labbra in corrispondenza dell’herpes], lei metteva in controfase la frequenza di quel virus».

Ora, come spiega bene la nostra cara vecchia Wikipedia,

La presentazione dei sintomi dell’herpes avviene ciclicamente, con periodi di malattia attiva seguiti da periodi asintomatici. Il primo episodio è spesso più grave e può essere associato a febbre, dolori muscolari, gonfiore dei linfonodi e mal di testa. Con il passare del tempo gli episodi di malattia diminuiscono sia in frequenza che in gravità.

Ansaloni ha detto che l’herpes si presentava ogni tre o quattro mesi e questa formulazione della frase ci lascia pensare che sia comparso almeno tre volte, cioè la prima, la seconda (dopo 3-4 mesi) e l’ultima: a questo punto si può correttamente parlare di una “frequenza” di comparsa del virus di 3-4 mesi. Insomma, grazie alla dottoressa Rivkina, Ansaloni, dopo circa un anno dalla prima insorgenza, ha curato il suo herpes, una malattia il cui apice di gravità viene raggiunto agli esordi e che tende poi a ripresentarsi con sempre meno frequenza e gravità. Bene.

Prosegue poi il suo racconto:

«Non solo, ma dice [la dottoressa]: “Ne eliminiamo la memoria” […] I nostri difensori, che sono i globuli bianchi […] quando vedono un virus che dopo un po’ lo riconoscono che non fa niente lo lasciano passare, si preoccupano di quelli gravi. […] Eliminando la memoria, loro non si ricordano più che quel virus non è così grave e quindi da allora io non ho più avuto herpes, è dal ’95 che non ho più l’herpes».

I globuli bianchi sono effettivamente delle cellule del sistema immunitario deputate alla difesa del nostro organismo e tra di essi si annoverano anche i linfociti, vale a dire

cellule del corpo umano deputate all’immunità acquisita. […] Alla prima esposizione immunologica i tempi di risposta sono piuttosto lunghi, ma grazie alla conservazione di una “memoria” i successivi attacchi vengono debellati in maniera assai più rapida ed efficace. E’ su questo principio che si basano le vaccinazioni.

Il problema dei linfociti con l’herpes non è che loro «Tranquilli raga, è un cosino sulle labbra, passa subito», quanto il fatto che

gli herpes virus eludono la difesa immunitaria, utilizzando la strategia della latenza. In pratica, il patogeno permane nell’organismo, nascondendosi nei gangli nervosi, senza dare segno della sua presenza. Qui, il sistema immunitario e i farmaci non possono attaccarlo, poiché non replica e non genera sufficiente quantità di peptidi di derivazione virale tali da segnalare la loro presenza alle cellule T citossiche. Di norma, infatti, per neutralizzare un’infezione virale già instaurata, i linfociti T citotossici uccidono le cellule infettate. Affinché possa avvenire, occorre che alcuni dei peptidi presentati dall’MHC di classe I espresso sulla superficie delle cellule infettate siano di origine virale.

Assumere un certo posizionamento ideologico comporta rimanere prigionieri di vere e proprie gabbie concettuali. In questo senso, ma questa è una mia opinione, credo che il sillogismo inconsciamente espresso da Ansaloni sia il seguente:

«Tutti i vaccini fanno male, i linfociti permettono il funzionamento dei vaccini, quindi i linfociti vanno neutralizzati».

Ripeto, opinione mia.

Ansaloni prosegue dicendoci che la dottoressa Rivkina ha lasciato la struttura, la Engel ha chiuso, ma il dottor Massimo Tramonti ha proseguito le ricerche. Massimo Tramonti risulta specializzato in «Diagnostica bioenergetica, iridologia, Terapie fitoterapie e Agopuntura» e correntemente iscritto all’Albo dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Forlì-Cesena. Risulta anche avere un sito web personale, alla cui home si può subito leggere:

«La mia filosofia è insegnare al paziente come fare per stare bene […] La cosa che mi ha appassionato da subito della Medicina Complementare è il fatto che è una medicina centrata sulla persona e non sulla malattia. La cosa più importante è il paziente e la sua salute».

Dire al paziente come fare per stare bene è parte integrante del lavoro di qualsiasi medico, non una «filosofia». Per insegnare, va da sé, bisognerebbe prima imparare.

Ansaloni prosegue facendo il nome di Marco Luzzatto: non intendo dedicare più di queste due righe a qualcuno che di sé scrive che «sin dalla giovane età mostra interesse per la parapsicologia e l’ignoto».

Dal minuto 6:08, per un’ora, Ansaloni ci mostra la sua esperienza con Bartolomeo ed Emanuela, presentati come «due ragazzi, due persone»: per lo meno Rivkina e Tramonti erano dottori e Marco Luzzatto un cognome ce lo aveva. Vabè.

L’esperienza di un’ora si può riassumere così: Ansaloni si mette in testa una fascia collegata al macchinario delle “frequenze” a sua volta collegato al PC; sullo schermo compare quella che dovrebbe essere la diagnosi, ma sono letteralmente cose, immagini 3D di organi interni, scritte che indicano «legami emotivi con la madre» al minuto 25:37, «Ortonovum […] un fertilizzante sintetico per tossicità e sensibilità» e tanto tanto altro; intanto il macchinario “guarisce” il paziente grazie alle «più di 11’000 frequenze» al suo interno, «ripulendo questa parte di attività mentale eccessiva» di Ansaloni (minuto 29:50).

Bartolomeo, in ossequio alla deontologia professionale, ha subito voluto informare il paziente sulla terapia alla quale si stava per sottoporre:

«Il campo… Ecco a me piace molto l’idea del campo, creare il campo, il campo ehhh… il campo quantistico praticamente, questa idea del “siamo connessi, interconnessi” … il nostro corpo è energia, frequenza, per cui si interconnette… Nel campo c’è la possibilità di andare a recuperare intuizioni, ehhh… cose che praticamente anche la nostra mente razionale non riesce a vedere e a cogliere»

Spiegato cosa sia “il campo”, e accuratamente evitato di chiarire il concetto a un Ansaloni che prova a domandare ancora «ma che cosa intendi per campo?», al minuto 10:35 Bartolomeo passa a definire «l’altra parola che si usa molto», cioè «quantistica»:

«Per me che non sono fisico, per cui, voglio dire, … quello che penso, quello che sento io per me è la… quantistico poi intendo proprio la capacità di poter, cioè, è il… campo»

A questo punto Bartolomeo ci racconta la storia dell’inventore di questo incredibile macchinario, Nelson. Nelson è l’opposto di Bartolomeo, la sua nemesi: l’uno ha solo un cognome, l’altro solamente un nome.

A breve pubblicheremo uno speciale su di lui: credetemi, se lo merita tutto. Per ora vi basti sapere che viene presentato come «matematico» della NASA, poi reinventatosi «medico» e candidato al «Nobel per […] la medicina integrata». Spoiler: il Nobel per la medicina integrata non esiste e la storia della candidatura al Nobel ormai è un tormentone che qui su Butac conosciamo ormai fin troppo bene.

Ad ogni modo, fatta chiarezza sui concetti fondamentali di “campo” e “quantistico”, dopo un breve excursus storico-biografico su Nelson, al minuto 31:36 ci viene data una delucidazione sui meccanismi che soggiacciono al funzionamento del dispositivo:

«Quello che ci sta là dentro non l’ha capito ancora nessuno, nessuno riesce neanche a copiarlo in realtà, perché è na cosa del tutto sua»

Bartolomeo ci tiene a precisare al minuto 32:01 che «un medico rispetto a me e alla competenza che posso avere…»; ma proprio quando sembrava palesarsi un briciolo di consapevolezza della propria incompetenza, Ansaloni irrompe con un «Sono scettico su questo. O è un medico illuminato o…» oppure sarà uno dei tanti che non ci dirà ciò che vogliamo sentirci dire, bensì le cose per come stanno e come vanno affrontate. E questo non ci piace. Prosegue Bartolomeo:

«Io dentro c’ho tutto il mio background di ricerca sul naturale, perché ho fatto diverse cose, tutto quello che ci sta energetico c’ho fatto tantissime cose […] però ci sono dei passaggi […] che non è la mia disciplina, non è la mia materia, per cui secondo me potrebbero essere dei passaggi importanti».

Eh, credo anch’io che potrebbero essere importanti.

Insomma, Bartolomeo, presentatoci da Ansaloni come “persona” e “ragazzo”, non è un fisico né un medico, ma fa uso di una macchina che, come funziona, «non l’ha capito ancora nessuno», sulla base della sua fascinazione per «l’idea del campo», «questa idea», «quello che penso», «quello che sento io per me», ciò che «intendo»: anche questi «potrebbero essere dei passaggi importanti». A quanto pare, “oggettivo” non fa parte del suo vocabolario.

D’altronde, più avanti al minuto 1:04:28 Bartolomeo ha uno scambio chiarificatore con Ansaloni:

B.: «Ci sono persone che fanno i mistici che vengono perché loro so spirituali eccetera. Alla fine poi dopo quando lavorano poi dopo con il macchinario arriva al 10%, 5%. Significa che praticamente la relazione è stata veramente bassa […] perché non sono entrate profondamente dentro»

A.:«Perché non ci credono»

B.:«Esatto!»

Ho capito, è un po’ come nelle favole Disney o nelle teorie di Bruno Gröning: se non ci credi davvero non si avvera.

Ho dimenticato di dire che il macchinario sarebbe in grado di individuare perfino i traumi del paziente. Ecco, al minuto 58:47 ne rileva uno avuto da Ansaloni attorno ai 63 anni, che il diretto interessato commenta sagacemente con «boh».

Ci abbiamo provato noi, scoprendo che nell’ottobre del 2015 Ansaloni aveva curato una mostra fotografica dal titolo “L’isola del Che. L’arte nella rivoluzione cubana”. Di essa si ritrova qualche traccia in giro per il web e addirittura un catalogo. Risulta peraltro che Ansaloni abbia intrattenuto alcuni legami con l’isola di Cuba e col regime castrista: il suo nome è annoverato tra quelli degli intervistatori di Fidel Castro e ha anche acquistato più di 800 foto (il materiale poi esposto nella suddetta mostra) direttamente da Alberto Korda, il fotografo al quale si deve l’iconica foto del Che: il “Guerrillero Heroico”. Non posso esserne certo, lo ammetto, ma a occhio e croce deve essersi trattato dell’evento a più alta scientificità organizzato da Ansaloni. Ed ecco probabilmente spiegato il trauma, che Ansaloni aveva identificato con la definizione di «boh».

Ad ogni modo, ho tenuto per la fine dell’articolo una perla che Bartolomeo ci regala già dai primi minuti, rivelandoci che siccome «questo [il macchinario] è per noi una realtà vivente e […] siccome abbiamo una passione per san Francesco…» lo hanno chiamato Francesco.

Sì, avete capito bene: per quasi tutto il video si riferiscono al macchinario chiamandolo «Francesco».

Vabè, per chiudere vado a citare i protagonisti di oggi, Ansaloni e Bartolomeo:

A.:«Sai la carota che metti davanti all’asino per farlo camminare? Io sono un asino e c’ho la curiosità davanti che mi fa camminare»

B.:«Certo, eh, è vero».

RC

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