Sardegna, giornalismo e uso improprio delle foto

Perché usare una foto di svariati anni fa per illustrare la situazione odierna?

Abbiamo ricevuto una segnalazione che non trattiamo noi – pur avendo fatto le verifiche su quanto narrato – ma che lasciamo trattare ai diretti interessati, perché la segnalazione che abbiamo ricevuto non è altro che un comunicato stampa dell’Associazione Operatori nautici Nord Est Sardegna, comunicato che riportiamo nella sua interezza.

Olbia, 29 agosto 2025. L’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna (AssonauticiSardegna.org), che rappresenta un centinaio di operatori del settore tra Olbia e Santa Teresa di Gallura, interviene con fermezza per respingere alcune ricostruzioni fuorvianti apparse in recenti articoli su importanti testate nazionali, tra cui anche il Corriere della Sera, e andate in onda perfino al TG5.

In tali servizi, anche mediante l’utilizzo di immagini fuori contesto risalenti a molti anni fa, si attribuisce la responsabilità dell’ancoraggio abusivo e del conseguente degrado delle spiagge dell’Arcipelago all’attività nautica, alimentando un’immagine distorta e ingiustamente colpevolizzante degli operatori del settore.

«Un’immagine scorretta» sottolinea Claudio Denzi, Presidente dell’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna, stigmatizzando in primo luogo l’uso, a corredo degli articoli e del servizio deI telegiornali, di una fotografia obsoleta realizzata da Mauro Coppadoro, che risale almeno al 2 maggio 2018, come documentato dai metadati della medesima fotografia pubblicata su Internet all’URL arcipelagolamaddalena.wordpress.com«L’immagine risulta essere stata elaborata con Adobe Photoshop CS per Windows in data 2 maggio 2018 alle ore 23:36:53» dichiarano i consulenti esperti di AssonauticiSardegna.org.

Quella elaborazione della fotografia risale a oltre 7 anni fa e non è detto che lo scatto non sia stato realizzato molto prima. Eppure alcuni organi di stampa mainstream ne hanno fatto un uso improprio per documentare una situazione che oggi non è più quella. Insomma ci troviamo davanti all’ennesimo caso di una fake news.

«Certo non è intenzione dell’Associazione difendere i diportisti maleducati. Ma vogliamo e dobbiamo tutelare i professionisti disciplinati, che certo sanno bene dove ancorare e non violano le regole perché rischiano il lavoro. Non si può fare di tutta l’erba un fascio» dichiara Claudio Denzi, Presidente dell’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna.

Nella  fotografia obsoleta, le barche erano ormeggiate esattamente dove erano autorizzate a stare, trattandosi a quei tempi di un punto di libero ancoraggio. Insomma, trattando l’argomento dell’ancoraggio abusivo e delle relative sanzioni, con la pubblicazione di quella fotografia si è voluto dare al pubblico la sensazione che quelle barche oggi sostino in zone interdette, cosa che non corrisponde al vero.

«L’uso della fotografia in esame, contestualizzata in tale modo, costituisce certamente una fake news»avverte l’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna, secondo la quale la notizia (poi rimbalzata un po’ ovunque anche sui social network) oltre a pregiudicare la categoria degli operatori nautici, arreca un enorme pregiudizio alla destinazione turistica, alimentandone un’immagine falsamente negativa, e scredita ingiustamente le autorità, a cominciare dal Parco Nazionale e dagli organi di controllo, che invece negli ultimi anni hanno rafforzato le regole e provato a vigliare sul rispetto delle aree interdette.

Se fosse stata pubblicata una foto di oggi si sarebbe visto chiaramente che esistono oggi dei punti dove l’ancoraggio è interdetto e si sarebbe anche visto chiaramente che in quel settore le barche non ci sono. Non sarebbe stato in piedi il sottinteso della moltitudine di barche pirata in ancoraggio abusivo.

In merito poi alle “sanzioni irrisorie” a cui gli organi di stampa fanno riferimento, sono gli enti stessi a potere determinare correttamente le sanzioni, magari commisurandole alla grandezza dei natanti. Chi lo vieta? Così come anche la presunta “evasione diffusa”, anche questa dipende dai metodi di controllo.

Nelle ricostruzioni televisive viene poi presentato tutto lo sdegno popolare indirizzato sulle barche in rada e si omette di ricordare che un grande  impatto deriva dagli sbarchi massivi a terra. Su isole come Spargi approdano, autorizzati, ogni giorno anche 6.000 turisti, con ombrelloni, borse, cibo e comportamenti incauti (incluso dare da mangiare agli animali selvatici per un selfie).

I media riportano anche riferimenti al Codacons, riportando dichiarazioni a dir poco esagerate. Si parla perfino di denunce contro la Guardia Costiera. Questo è il risultato dell’allarmismo creato. E poi quali sarebbero i consumatori da proteggere? È un paradosso: i cosiddetti “consumatori da tutelare” sono proprio i diportisti, gli stessi che con queste misure si vorrebbero criminalizzare.

L’assalto degli yacht? In Francia, a cui i servizi fanno riferimento quale termine di paragone, sono vietati gli ancoraggi delle navi da diporto ma è anche vero che lì vengono predisposti i gavitelli.

Gli articoli che parlano di “overdose” di barche dipingono il settore nautico come predatore del territorio, omettendo che gli operatori chiedono da sempre regole chiare e controlli seri, non privilegi né deroghe.

Il problema reale è la pressione antropica a terra. «Per conservare le spiagge dell’Arcipelago —e contemporaneamente esercitare l’economia nautica— vi è solo un rimedio: rendere le spiagge raggiungibili solo a nuoto, senza attrezzature, restando per pochi minuti sul bagnasciuga prima di tornare a bordo. Così non si sottrae un granello di sabbia, non si calpesta la vegetazione pioniera e non si disturba la fauna selvatica»mette in evidenza Claudio Denzi.

Già lo scorso anno, come riportato dall’ANSA (link), l’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna aveva proposto seriamente di limitare gli sbarchi, permettendo l’accesso alle spiagge solo a nuoto, in costume, con permanenza limitata al bagnasciuga.

La missione dell’Associazione. Nata tre anni fa, l’Associazione si batte per la nautica sostenibile, rivolgendosi quando necessario alla giustizia amministrativa per difendere i diritti degli operatori e la corretta applicazione delle leggi.

L’Associazione è stata tra le prime a denunciare la mattanza dei cinghiali di Spargi, ricordando che la vera causa degli incidenti (un bambino venne aggredito da un ungulato) è il comportamento dei turisti che —contravvenendo ai divieti— danno da mangiare agli animali, perfino gelati (vedasi Corriere della Sera, articolo del 3 settembre 2024).

«Noi operatori del diporto siamo disposti a fare sacrifici, ma devono esserlo anche gli altri: è irricevibile un divieto di sbarco solo per alcune categorie, così come è inutile istituire regole se poi non vengono fatte rispettare» sottolinea il Presidente dell’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna.

E poi c’è la questione dei gavitelli. «Laddove si possono causare danni alla posidonia non si devono chiudere le aree, ma si deve assicurare l’ormeggio ai gavitelli. È una responsabilità dell’ente gestore. Almeno questo è stato scritto 30 anni fa nel decreto istitutivo del Parco. Se i diportisti avessero un’alternativa all’ancoraggio la sfrutterebbero senza indugio» spiega il Presidente Claudio Denzi.

Le proposte concrete dell’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna:

  • divieto di sbarco sugli arenili se non a nuoto, per proteggere dune e vegetazione pioniera;
  • aumento della tassa di ingresso al Parco e soprattutto cambiamento nei metodi di controllo degli incassi;
  • divieto di ancoraggio alle mega barche, come già avviene in Francia;
  • carbon tax sui motori termici per finanziare un corpo di vigilanza ambientale;
  • regole uguali per tutti: operatori locali, nazionali e turisti privati.

«Se tra pochi anni dovessimo assistere alla sparizione delle spiagge dell’Arcipelago, almeno si abbia l’onestà di ricordare le nostre proposte. Noi continueremo a batterci per un bilanciamento tra doveri e diritti, per la nautica sostenibile e per l’economia locale» conclude il Presidente dell’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna.

Quello che abbiamo fatto noi è verificare il link a cui presente la foto sfruttata dal Corriere, che non mette in evidenza da alcuna parte che si tratti di una foto del 2019, anzi, 2019 lo dice l’Associazione degli Operatori nautici, ma noi abbiamo fatto qualche ricerca in più, e la foto appare sul profilo di Mauro Coppadoro il 21 agosto 2017, 8 anni fa. Può un quotidiano nazionale italiano usare una foto Instagram di otto anni fa per parlare di una notizia attuale, senza documentare se la situazione sia ancora la stessa?

Ma come dicevamo all’inizio noi non possiamo fare di più, BUTAC non ha una redazione locale che possa andare sul luogo e fare le giuste verifiche, dobbiamo limitarci a quanto ci è possibile reperire in rete, ovvero la foto che l’Associazione Operatori sostiene essere di quest’anno, e che mostra una situazione diversa; non sta a noi giudicare se si possa fare ancora di meglio.

Quello che troviamo corretto è denunciare l’uso improprio di una foto vecchia di otto anni per raccontare una notizia attuale, se si hanno prove che la situazione non è variata vanno presentate e non sfruttate le parole di chi ha specifici interessi a far parlare di sé. Il Corriere ci è cascato, ma ancora peggio è il TG5, che pur avendo troupe in spiaggia a intervistare i bagnanti (senza barche) ha sfruttato comunque la foto del 2017. A dimostrazione che evidentemente la situazione dal vivo non era così impattante come nell’immagine datata, sennò non l’avrebbero sfruttata ma avrebbero lasciato parlare video attuali.

Costava molto verificare di quando fosse quella foto? Noi ci abbiamo messo due minuti a scoprirne fonte e datazione.

Non possiamo aggiungere altro.

redazione at butac punto it

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