La bufala sulla principessa persiana Tāj-al-Salṭana

Cosa non si fa per qualche click in più

Da qualche tempo gira su Facebook una storia relativa alla principessa persiana Tāj-al-Salṭana (o Taj os-Soltaneh secondo l’iranologa Anna Vanzan), il cui rifiuto di sposarsi avrebbe portato alla disperazione e al suicidio addirittura tredici pretendenti. Insieme a questa informazione vengono mostrate diverse foto della principessa, il cui aspetto fisico non corrisponde minimamente ai canoni di bellezza odierni. Vediamo ad esempio come viene presentata in un recente articolo di Vanilla Magazine, rivista online a cui è associato un canale YouTube.

È evidente che il gioco per ottenere l’attenzione del lettore è quello di collegare l’aspetto della principessa al presunto suicidio dei tredici pretendenti, per sottolineare “comicamente” come sia “brutta” rispetto ai nostri standard e quanto sia fuori luogo che qualcuno – addirittura più di una persona – si sia suicidato per lei. Già basterebbe questo a qualificare l’attività di chi utilizza mezzi di questo genere per ottenere qualche click in più, ma per toccare veramente il fondo del barile è necessario leggere l’articolo (che trovate qui).

In apertura dell’articolo, l’autore Matteo Rubboli ci tiene a precisare che:

La definizione di bellezza si è evoluta in modo singolare nel corso tempo. Ogni cultura ha una propria versione ideale di donna e uomo, che definiscono l’estetica più gradevole alla maggioranza delle persone, anche se il giudizio è sempre (fortunatamente) soggettivo. Gli standard estetici occidentali odierni erano a dir poco lontanissimi.

Giustissimo, se non fosse in completa contraddizione col modo in cui la notizia è stata presentata da lui, e da tanti altri post sui social nel corso del tempo. Dite che esagero? Va beh, andiamo a vedere alcuni commenti sotto il post su Facebook di Vanilla Magazine:

Come potevate immaginare, un mucchio di commenti intelligenti e per niente focalizzati sulla derisione dell’aspetto fisico della principessa. Naturalmente sono sicuro che tutti questi simpaticoni sono dei bellocci o delle bellocce – nell’essere coglioni la parità di genere è un dato di natura. Quindi, ammesso che l’introduzione dell’articolo sia sincera, l’obiettivo di sensibilizzare le persone verso modalità diverse di bellezza è fallito miseramente.

L’articolo prosegue raccontando la storia della principessa iraniana e inciampa in un grossolano errore: Tāj-al-Salṭana non “scelse infine Amir Hussein Khan Shoja’al Saltaneh” come marito, ma venne costretta a sposarsi giovanissima a tredici anni e a vivere un matrimonio estremamente infelice che poi fortunatamente finì con il divorzio (fonte qui). Successivamente si sarebbe risposata e avrebbe trovato una vita coniugale più serena.

Matteo Rubboli conclude poi l’articolo parlando del ruolo di attivista per i diritti delle donne che la principessa ha avuto nella storia iraniana.

Non manca qualcosa? Ma che fine hanno fatto i tredici pretendenti rifiutati che si suicidarono? Semplice, non se ne parla mai perché non esiste nessuno straccio di prova o fonte che possa sostenere questa bizzarra affermazione. Insomma siamo davanti a un articolo che, per farsi leggere, deve mentire clamorosamente nel titolo.

A questo articolo è anche associato un video su YouTube, sempre di Vanilla Magazine e sempre di Matteo Ruboli, pubblicato nel settembre del 2021. Il video (disponibile qui), che ha la bellezza di trecentomila a passa visualizzazioni, è sostanzialmente una riproposizione dell’articolo che abbiamo già analizzato, ma almeno qui Matteo Ruboli ci informa che i tredici pretendenti che si sarebbero suicidati sono solo una leggenda. A riprova della superficialità con cui l’autore tratta l’argomento, nel video si confondono i termini arabo e persiano (che non sono sinonimi l’uno dell’altro, anzi).

Più che una bufala (anche se la storia dei tredici pretendenti la rende tale), quello che colpisce è la totale indifferenza per il modo in cui si ottengono visualizzazioni: Ruboli insiste molto nel presentarsi come uno che desideri approfondire la storia delle donne e il modo in cui cambia il concetto di bellezza, ma quello che in realtà fa è strizzare l’occhio sui social agli istinti più beceri della gente.

Michele Armellini

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