Cellulari, tumori e scienza
...ci risiamo! Ma ancora una volta la scienza non si fa in tribunale
In molti, memori di nostri precedenti articoli sul tema, ci state inviando segnalazioni in merito a una vicenda che è stata trattata da tantissime testate giornalistiche negli ultimi giorni, questo, ad esempio, il titolo di Repubblica:
Si ammala di tumore per l’uso del cellulare: Inail condannata a riconoscere una rendita al lavoratore
Così Il Messaggero:
Tumore per uso cellulare, dipendente in pensione avrà rendita dall’Inail: la decisione della Corte d’appello di Torino
Siamo di fronte all’ennesimo caso in cui i giornalisti, nel redigere i loro articoli, dovrebbero prima di tutto ricordare al lettore che la scienza non la fanno i tribunali.
Come spiegato negli articoli stessi:
…la Corte d’Appello di Torino gli dato ragione, in quanto esiste «un’elevata probabilità» che a causare il tumore sia stato proprio il cellulare.
Che non significa affatto che sia così, ma solo che – siccome la scienza per ora non è in grado di spiegare perché quest’uomo abbia sviluppato un tumore benigno intracranico – rimane una possibilità che la responsabilità sia dell’uso prolungato del cellulare per lavoro, e quindi l’INAIL deve risarcirlo.
Ma i fatti cozzano con le vere evidenze scientifiche, non quelle fatte da singoli periti su cui si è basata la sentenza di primo grado, bensì quelle presentate dall’Istituto Superiore di Sanità e riportate dalla stessa Repubblica qualche tempo fa, evidentemente in redazione si sono scordati d’aver pubblicato l’articolo del 2019 dove spiegavano che:
La relazione tra uso del cellulare e incidenza di tumori nell’area della testa è stata analizzata in numerosi studi epidemiologici pubblicati nel periodo 1999-2017. La meta-analisi di questi studi non rileva alcun incremento del rischio di neoplasie maligne (glioma) o benigne (meningiomi, neuromi acustici, tumori dell’ipofisi o delle ghiandole salivari) in relazione all’uso prolungato (≥10 anni) del cellulare. I risultati relativi al glioma e al neuroma acustico sono eterogenei.
E no, checché ne dicano i periti o gli avvocati di parte, a oggi non ci sono altri studi che abbiano rilevato che l’uso del cellulare abbia causato tumori maligni o benigni. È vero che lo IARC classifica genericamente le radiofrequenze nel gruppo 2B, ovvero possibili cancerogeni, ma questo non significa che l’uso del cellulare causi tumori. Nello stesso gruppo troviamo l’acido caffeico (presente nel caffè, ma anche nel vino, e nelle mele – sì, proprio quelle che tolgono il medico di torno), ma anche il fare il vigile del fuoco, il falegname, lavorare in un lavaggio a secco; e se andiamo poi a vedere il gruppo 2A, ogni consumatore di te o caffè dovrebbe preoccuparsi visto che tra le sostanze probabilmente cancerogene troviamo tutte le bevande calde, ma anche il fare il turno di notte al lavoro, o fare il barbiere o il parrucchiere, per non parlare della carne rossa o di chi lavora col bitume.
Secondo Repubblica si tratta del “secondo caso al mondo” in cui un tribunale conferma che il cellulare causi tumori, è curioso scoprire che il tribunale che emette queste sentenze è sempre lo stesso: la Corte d’appello di Torino.
Nell’articolo sul Messaggero si leggono le parole degli avvocati (dello stesso studio della causa del 2020) che affermano:
Si tratta di una sentenza scritta da scienziati fra scienziati, in cui il ruolo dei giuristi è stato marginale, che dimostra che le radiofrequenze possono causare tumore.
Ma come vi abbiamo appena mostrato la scienza, quella che non si fa nei tribunali, la pensa diversamente. Sentenze di questo genere fanno solo male a scienza, divulgazione scientifica e comprensione. Curioso e interessante scoprire che la corte che emette queste sentenze è sempre la stessa, e anche lo studio di avvocati che segue questi casi è lo stesso, e come ci raccontano su Repubblica:
…gli avvocati Stefano Bertone e Renato Ambrosio, che stanno seguendo anche altri cinque casi di persone che si sono ammalate di neurinoma o sono decedute per glioblastomi…
redazione at butac punto it
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