La Verità, l’ivermectina e le cure “proibite”

Gli ultimi aggiornamenti sulle evidenze scientifiche

Sulla Verità, a firma Patrizia Floder Reitter, è stato pubblicato un articolo che titola:

Curi i malati? AIFA e Ministero mandano i NAS

L’articolo, come sempre quando si parla della Verità, è dietro paywall, e io piuttosto che pagare per leggere La Verità sono disposto a farmi una lavanda gastrica. Pertanto, invece che demistificare quanto riportano – e di cui non trovo traccia da altra parte se non nell’articolo di Floder Reitter – mi limiterò a parlare di ivermectina, perché mentre dei NAS ci interessa relativamente poco, di possibili cure per la COVID-19 ci interessa moltissimo.

È da gennaio 2021 che l’ivermectina è diventata in Italia uno dei farmaci spinti da determinati soggetti, anche grazie ad articoli con titoli simili a questo:

Ivermectina efficace contro il Covid. Studio britannico: «Tassi sopravvivenza superiori all’83%»

La cosa che mi fa imbestialire è che nell’articolo del 22 gennaio le cose vengono raccontate così:

Lo studio di Liverpool è ciò che gli scienziati chiamano meta-analisi: una revisione degli studi sull’argomento, non uno studio originale. L’autore, il dottor Andrew Hill, afferma che nessuno degli studi analizzati è sufficientemente robusto individualmente da stabilire un livello di efficacia. Ma in combinazione, possono indicare se il farmaco è efficace. Tanto che in Brasile, è sceso in campo addirittura il presidente Bolsonaro per sollecitare l’uso di questa molecola. Il ministero della Salute brasiliano avrebbe fatto pressioni sul Comune di Manaus, la più grande città dell’Amazzonia, dove le strutture sanitarie sono al collasso, per curare i pazienti affetti da coronavirus con farmaci come l’ivermectina (oltre alla più nota clorochina).

Quindi viene spiegato chiaramente che non c’è nulla di nuovo, ma che si tratta di una meta analisi (cioè di una revisione di studi già pubblicati) e che lo stesso autore è molto critico sull’uso dell’antiparassitario come trattamento per Covid-19. Nell’articolo, poi, si sfrutta il Brasile per sostenere che invece possa funzionare, peccato che si evitino attentamente aggiornamenti successivi. Quando invece sarebbero stati importanti. Vedete, AIFA e EMA a marzo hanno detto chiaramente di evitare l’antiparassitario:

EMA raccomanda di non utilizzare ivermectina per la prevenzione o il trattamento di COVID-19 al di fuori degli studi clinici

E per quanto riguarda il Brasile, vi riporto quanto i giornali hanno spiegato alla popolazione pochissimi giorni fa:

La scienziata Natalia Pasternak, microbiologa dell’Università di San Paolo (USP), ha mostrato questo venerdì (11) su proiezioni su schermo una serie di studi scientifici riconosciuti, provenienti da diverse parti del mondo, che mostrano che la clorochina e altri farmaci del cosiddetto “trattamento precoce” non funzionano contro Covid-19.

La  clorochina, purtroppo, non ha mai avuto la plausibilità biologica per funzionare. Il modo attraverso il quale blocca l’ingresso del virus nella cellula funziona solo in vitro, in provetta, perché nelle cellule delle vie respiratorie il modo è diverso. Quindi non avrebbe mai potuto funzionare. Non ha mai funzionato con i virus. La clorochina è già stata testata e ha fallito per diverse malattie causate da virus, come Zika, dengue, chikungunya, persino Sars, AIDS, Ebola… Non ha mai funzionato – ha affermato la scienziata.

Pasternak ha aggiunto allo schermo altri studi, dettagliando come si è svolta la ricerca sulla clorochina, a causa della pressione politica intorno ad essa da parte di alcuni Paesi. Questi studi hanno dimostrato l’impossibilità che il farmaco sia efficace contro Covid-19.

E ancora:

Il “kit covid” non ha basi scientifiche, anzi. Nel caso dell’idrossiclorochina, insieme all’azitromicina, non ha un test di sicurezza, e sono due farmaci che possono avere l’effetto collaterale di aumentare le complicanze cardiache. Inoltre, l’idrossiclorochina non è  mai stata testata in combinazione con azitromicina, ivermectina, nitazoxanide e altri farmaci che compaiono nel “kit covid”. E questi farmaci non sono mai stati prescritti insieme. E potrebbero avere, insieme, interazioni farmacologiche che possono essere dannose per i reni, per il fegato…

Io davvero fatico a comprendere come possano i giornali e i giornalisti italiani scrivere senza riportare i fatti nella loro interezza, ma solo quelli che interessano a loro. Stanno dando supporto a un gruppo minuscolo di medici spalleggiati da avvocati. Ma quando mai la scienza si fa in questa maniera? La difesa di un protocollo sanitario la si fa pubblicando studi che ne dimostrino l’efficacia, non andando in TV ad accusare il ministero e AIFA (nonché tutti quelli che chiedono di vedere delle prove) di aver causato morti. Ma qui siamo nella repubblica delle banane dove giornalisti e editori hanno a cuore solo e unicamente la loro narrazione, e la verifica dei fatti se ne è andata in vacca. Così facendo si sta solo facendo il gioco di farmacisti ben contenti di vendere preparati senza efficacia, e medici ben contenti di essere diventati famosi quando fino a un anno fa erano completamente anonimi.

Nel frattempo, l’11 giugno un mio vecchio compagno di scuola fin dai tempi dell’asilo è morto di Covid, non aveva particolari patologie pregresse, ma dopo un lungo periodo di terapia intensiva non ce l’ha fatta, aveva 48 anni. Lui è stato più sfortunato di me che a febbraio me la sono cavata solo con qualche giorno di febbre alta (tenuta sotto controllo con la tachipirina). Ma ogni volta che sento parlare di “cura” vorrei prendere a testate chi usa il termine in maniera impropria, scambiandolo per “gestione dei sintomi” perché non ha idea del significato di nessuna delle due cose.

Non credo di poter aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

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