Maria José e il colpo di stato mai esistito

Se semini bufale, raccoglierai bufalari

Oggi ci occupiamo di un tema che ha in sé un’importanza minore, ma che bene mostra come si possa creare una bufala credibile e ingannare tante persone in buona fede. Forse proprio perché l’argomento in sé non muoverà grandi passioni, può essere un’occasione per imparare a cosa stare attenti quando ci si approccia a un testo.

L’articolo

Lo scorso 5 giugno è uscito sull’inserto locale torinese del Corriere della Sera un articolo a firma di Alberto Chiara dal titolo Il progetto di golpe contro Mussolini al Castello di Racconigi nel quale viene presentato il libro Maria Josè, regina indomita di Luciano Regolo. Nel pezzo viene presentato quello che è forse il capitolo più interessante del libro: il golpe contro Mussolini che Maria Josè di Savoia (nella foto di testa insieme a Umberto II di Savoia) avrebbe preparato alla fine di settembre del 1938, durante la famosa Crisi dei Sudeti. La principale, per non dire unica, fonte della ricostruzione è un rapporto inviato nel novembre del ’39 dall’ambasciatore britannico al Cairo al Foreign Office: il testo è stato successivamente portato alla luce negli anni Settanta dalla studiosa Donatella Bolech Cecchi. Forti di questo documento, che analizzeremo più avanti, l’autore dell’articolo e del libro presentano questa storia come se fosse assolutamente fondata.

Il golpe

Domenica 25 settembre 1938 al castello di Racconigi (vicino a Cuneo) sarebbe avvenuto un incontro segreto tra alcune personalità di alto livello tra cui: il Maresciallo Badoglio, un avvocato di Milano leader dell’opposizione clandestina al regime fascista e, in vece di Casa Savoia, la principessa Maria José, moglie dell’allora principe ereditario Umberto. Quest’ultimo allo scopo di non compromettersi non partecipava all’incontro, ma scaltramente era rimasto a giocare con i figli in giardino.

I piani dei golpisti erano i seguenti: una volta arrestato Mussolini, avrebbero abdicato sia Vittorio Emanuele III che suo figlio Umberto; la corona sarebbe passata al piccolo Vittorio Emanuele IV (fortunatamente ce lo siamo risparmiato). Avendo quest’ultimo solo due anni, Maria José avrebbe esercitato la reggenza fino alla maggiore età del nuovo re. Badoglio avrebbe nel frattempo ottenuto i pieni poteri per mantenere l’ordine nel Paese, in attesa della formazione di un nuovo governo.

Insediatosi il nuovo esecutivo, di cui i golpisti non avevano in mente nessun nome, sarebbero state prese le seguenti misure:

[…] scioglimento del Partito e del Parlamento Fascista; Mussolini e altri membri della sua famiglia sarebbero stati catturati e portati davanti a un tribunale penale per essere giudicati al pari di comuni ladri per aver distolto a scopi personali ingenti somme dal Tesoro dello Stato; legge d’indennità per tutti gli altri fascisti che avrebbero ufficialmente abbandonato il loro partito entro 24 ore e cessato ogni attività politica; dissoluzione della Milizia Fascista (Camicie nere) e l’immediata incorporazione nel Regio Esercito; tutti i miliziani che avrebbero rifiutato di assumere il proprio ruolo nel Regio Esercito entro sei ore sarebbero stati ritenuti ribelli; azioni militari contro costoro; ritorno alla Costituzione e alla Legge Fondamentale che garantisce la libertà a tutti i cittadini; importanti riduzioni delle tasse e numerose riforme sociali, economiche e morali; immediato ritiro delle truppe italiane dalla Spagna; alleanza con Inghilterra e Francia in caso di attacco della Germania alla Cecoslovacchia.

Il piano doveva scattare alle tre del mattino del 28 settembre, ma al castello arrivò la notizia che Mussolini avrebbe a breve dichiarato la mobilitazione generale e che il re si sarebbe rifiutato di firmarla. Per qualche insondabile motivo, la notizia convinse Badoglio a posticipare di un giorno il colpo di stato: sfortunatamente per i congiurati (ma molto opportunamente per chi propala questa storiella), il 28 settembre Hitler annunciò che ci sarebbe stata una conferenza internazionale a Monaco per risolvere la crisi dei Sudeti. Mancando ormai la motivazione per il colpo di stato, i “congiurati” bruciarono ogni documento compromettente.

Le contraddizioni della vicenda

Un primo elemento in grado di mettere in dubbio la veridicità di tutta la storia è l’incerta origine del documento del Foreign Office. Certo, nell’articolo viene specificato che il rapporto è stato scritto dall’ambasciatore britannico al Cairo, ma costui si era limitato a inviare un resoconto fattogli da un anonimo: il fratello dell’avvocato di Milano leader dell’opposizione clandestina al regime (anonimo anche lui). Insomma, a meno che in realtà non ci sia un equivoco, e i due fossero i fratelli Anonimo, siamo di fronte alla versione ante literam di mio cugggino mi ha detto che

L’altro elemento difficilmente credibile è la doppia abdicazione di Vittorio Emanuele III e di suo figlio Umberto: il primo si sarebbe mostrato assai restio ad abdicare sei anni dopo, in circostanze ancora più drammatiche; il secondo non avrebbe avuto alcun motivo per rinunciare alla corona in favore del figlio, non essendo compromesso allo stesso livello del padre con il Regime. Bisogna aggiungere anche che all’epoca del fascismo l’esercito vedeva nella corona, ed in particolare in Vittorio Emanuele III, il proprio punto di riferimento ed è dunque assai difficile pensare ad un golpe che avrebbe portato all’estromissione del sovrano.

Altri dubbi suscita l’importanza che sarebbe stata riconosciuta a Maria José: per quanto la principessa non gradisse i tedeschi e non ne facesse mistero, non era comunque considerata in nessun modo un’esponente politica di rilievo. Prova ne è il fatto che quando le cose vennero fatte sul serio, il 25 luglio del ’43, Maria José non ebbe alcun ruolo.

Ora vediamo come aveva trattato la vicenda la studiosa che aveva scoperto il documento del Foreign Office.

L’articolo di Donatella Bolech Cecchi

Come anticipato all’inizio, il documento su cui si basa la vicenda è stato portato alla luce da Donatella Bolech Cecchi; in occasione della scoperta del testo, la studiosa ha scritto un articolo dal titolo Un colpo di stato antifascista di Maria José nel settembre 1938? pubblicato sulla rivista «Il Politico» nel dicembre del ’79. Una prima cosa che colpisce rispetto all’articolo del Corriere della Sera è che la notizia del presunto golpe viene posta in maniera dubitativa e per ottimi motivi. [L’articolo di Bolech Cecchi è disponibile qui, e per consultarlo è sufficiente entrare con il proprio account Google. Jstor è una risorsa di consultazione che mi sento di consigliare a tutti.]

Abbiamo già accennato alla prima ragione per non credere alla storia riportata nel documento: non solo chi la riferisce rimane anonimo, ma anche uno dei tre interlocutori è un misterioso avvocato di Milano senza nome. Se a questo aggiungiamo che nessuno degli altri partecipanti (Badoglio e Maria José) ha mai confermato o fatto cenno a questo episodio, i dubbi sulla vicenda si addensano sempre di più.

Proseguendo nella lettura del rapporto dell’ambasciatore britannico, apprendiamo che il colpo di stato contro Mussolini sarebbe stato guidato da un altro importante ufficiale italiano: il maresciallo Rodolfo Graziani. Una circostanza, questa, che risulta assolutamente incredibile perché i rapporti tra questi e Badoglio erano pessimi da anni: la rivalità tra i due era tale che una delle ragioni addotte per l’adesione di Graziani alla Repubblica Sociale Italiana dopo l’8 settembre fosse la sua volontà di contrapporsi all’eterno rivale Badoglio. Ma cosa dice la studiosa che ha scoperto il documento rispetto alle contraddizioni rilevate?

Nella disamina del rapporto Bolech Cecchi, pur sottolineando correttamente i dubbi e le ombre del documento, sembra credere all’importanza di quanto da lei ritrovato. Il che è umanamente comprensibile, particolarmente per chi sa cosa vuol dire scartabellare negli archivi e “innamorarsi” di un documento appena scoperto. In chiusura la studiosa auspica che nuovi studi e testimonianze possano fare ulteriore luce sulla vicenda.

Conclusioni

In un certo senso il tempo ha dato risposte agli auspici di Bolech Cecchi: nessuna nuova testimonianza o documento ha dato conferma di quanto scritto nel rapporto da lei rinvenuto. Il che rende ancora più incomprensibile il fatto che, circa quarant’anni dopo l’articolo della studiosa, il presunto golpe di Maria José venga venduto non solo come una certezza, ma (implicitamente) come una scoperta recente. L’articolo del Corriere è una vera e propria bufala, di cui possiamo esaminare i passaggi con i quali stata creata:

  • fare riferimento ad un documento del Foreign Office è indubbiamente un modo furbo per accattivarsi subito l’attenzione del lettore. La maggior parte delle persone che leggono l’articolo non sono esperte di storia (ovviamente) e possono essere indotte a considerare il documento vero solo perché esiste e proviene da una fonte autorevole;
  • non fare il minimo cenno alle criticità del testo. Non si riporta assolutamente la natura anonima del racconto fatto all’ambasciatore britannico e non si ragiona criticamente sui fatti presentati. Naturalmente il lettore si fida dell’articolista perché dovrebbe essere quest’ultimo, esperto e in buona fede, a contestualizzare ciò di cui sta parlando;
  • fornire della storia una lettura fiabesca e semplificata. Da una parte abbiamo l’eroina buona e indomita e dall’altra personaggi che non sono assolutamente alla sua altezza morale. In più c’è l’intrigo oscuro, personaggi misteriosi ed eventi catastrofici e imprevisti che impediscono la vittoria dell’eroina buona e pura.

Si potrebbe obiettare che dopotutto questo articolo voleva solo essere una marchetta per il libro in uscita e fare una piccola agiografia di Maria José di Savoia, e sicuramente è così. Il contenuto di questo pezzo non è nemmeno lontanamente grave come la maggior parte dei temi che vengono generalmente trattati su BUTAC, ma ugualmente mostra in che modo si costruisce una bufala credibile. Se ci pensate è la stessa cosa che ha fatto Mazzucco con il video sull’Ucraina (l’articolo è disponibile qui): trovare una vittima innocente, un cattivo perfido, citare documenti assolutamente a caso e condire il tutto con l’amore per l’intrigo e la dietrologia.

Mi colpisce molto come – ormai da tempo – anche i giornali più “rispettabili” abbiano ceduto il passo alla tentazione dei click facili e delle storie pubblicate senza fare prima un minimo di ricerca. È evidente che se i media coltivano bufale, non potranno che crescere sempre più bufalari di ogni tipo.

Michele Armellini

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