L’importanza delle fonti nei testi storici

Pagine legate ai movimenti neoborbonici che riportano affermazioni senza alcuna fonte non dimostrano particolare attenzione all'aderenza ai fatti...

Tra le segnalazioni che BUTAC riceve ciclicamente da anni, alcune riguardano testi che glorificano il Sud Italia, sostenendo che tutti i problemi del territorio siano legati all’Unità d’Italia e che prima del 1861 le cose andassero diversamente.

Nei giorni scorsi ci avete segnalato un’immagine che fa parte di tale filone di segnalazioni, questa:

1860, quando il Sud Italia era più industrializzato del nord Europa.

Questa affermazione la troviamo riportata in tantissime pagine social legate al Regno delle Due Sicilie, pagine legate ai movimenti neoborbonici. Pagine che diffondono quella che è ritenuta da tanti una verità sacrosanta. Una di queste ha pubblicato l’immagine qui sopra proprio pochi giorni fa, il 4 ottobre 2023 per esser precisi. La pagina si chiama Regno delle Due Sicilie – La verità che non ci hanno detto, e nel post con quest’immagine allegata ha riportato un lungo testo che vorrei analizzare passo passo con voi.

  • Le regioni più industrializzate d’Italia, prima del 1860, erano la Campania, la Calabria e la Puglia: per i livelli di industrializzazione le Due Sicilie si collocavano ai primi posti in Europa.

L’affermazione è molto forte, peccato non trovare fonti storiche che la confermino.

  • In Calabria erano famose le acciaierie di Mongiana, con due altiforni per la ghisa, due forni Wilkinson per il ferro e sei raffinerie, occupava 2.500 operai.
Peccato che le fonti che narrano delle acciaierie di Mongiana sostengano che nel 1860 i lavoratori delle stesse fossero 1500, non 2500: sempre tanti, ma quasi la metà di quanto sostenuto nel testo. (Danilo Franco, Il ferro in Calabria, Kaleidon Editrice, 2003).
  • L’industria decentrata della seta occupava oltre 3.000 persone.
Anche quest’affermazione necessita di fonti, specie visti i dati del Sud Italia in quegli anni, di cui parliamo poco sotto.
  • La piu’ grande fabbrica metalmeccanica del Regno era quella di Pietrarsa, (fra Napoli e Portici), con oltre 1200 addetti: un record per l’Italia di allora.

Che la fabbrica di Petrarsa fosse la più grande del Regno delle Due Sicilie è probabile, e anche il numero dei dipendenti può essere che in certi momenti abbia toccato cifre simili ai 1200. Il problema sorge nel confronto con altre aziende come l’Ansaldo, subito dopo:

  • Dietro Pietrarsa c’era l’Ansaldo di Genova, con 400 operai. Lo stabilimento napoletano produceva macchine a vapore, locomotive, motori navali, precedendo di 44 anni la Breda e la Fiat.

In realtà nella maggioranza dei testi storici sull’Ansaldoeccetto quelli scritti da chi difende apertamente la tesi che il Sud fosse molto più industrializzato del Nord – si parla di circa 1000 dipendenti nel 1860-61. Quindi il confronto è invalidato da un dato falso: Ansaldo e Pietrarsa avevano un numero di operai simile.

  • A Castellammare di Stabia, dalla fine del XVIII secolo, operavano i cantieri navali più importanti e tecnologicamente avanzati d’Italia. In questo cantiere fu allestita la prima nave a vapore, il Real Ferdinando, 4 anni prima della prima nave a vapore inglese. Da Castellammare di uscirono la prima nave a elica d’ Italia e la prima nave in ferro.
Fu la prima nave a vapore italiana, non la prima nave a vapore. Perché la prima nave a vapore risale alla fine del 1700, infatti fu costruita in Francia nel 1783 dal marchese Claude de Jouffroy, si chiamava Pyroscaphe. Seguita dalla Charlotte Dundas, scozzese, che fece il suo viaggio inaugurale nel 1803. La Real Ferdinando fece il suo viaggio inaugurale nel 1818, 15 anni dopo la Dundas. Nel frattempo più navi a vapore erano state costruite nel resto del mondo. Dare a intendere diversamente, anche con una semplice omissione come questa, è disinformare.
  • La tecnologia era entrata anche in agricoltura, dove per la produzione dell’olio in Puglia erano usati impianti meccanici che accrebbero fortemente la produzione.

In realtà se guardiamo i dati pubblicati in quegli anni sull’agricoltura (prendendoli per buoni) i numeri non sembrano confermare questo primato.

 

  • L’ Abruzzo era importante per le cartiere (forti anche quelle del Basso Lazio e della Penisola Amalfitana), la fabbricazione delle lame e le industrie tessili.
Anche questa affermazione manca di fonti accademiche verificate a sostegno, anche se oggi possiamo dire che l’Abruzzo è probabilmente la regione più industrializzata del Sud Italia. Ma si tratta appunto di un dato attuale.
  • La Sicilia esportava zolfo, preziosissimo allora, specie nella provincia di Caltanissetta, all’ epoca una delle città più ricche e industrializzate d’ Italia. In Sicilia c’erano porti commerciali da cui partivano navi per tutto il mondo, Stati Uniti ed Americhe specialmente.
Che la Sicilia esportasse zolfo è un dato di fatto, soprattutto dalla provincia di Caltanissetta. Ma quell’industria era comunque in mano agli inglesi, non ai siciliani. Che in Sicilia ci fossero porti commerciali attivi nel Mediterraneo è noto. Quello che non è documentato in alcun modo è che le navi per gli Stati Uniti partissero dalla Sicilia prima dell’Unità d’Italia.

  • Importante, infine era l’ industria chimica della Sicilia che produceva tutti i componenti e i materiali sintetici conosciuti allora, acidi, vernici, vetro.
Altra affermazione che viene presentata dai neoborbonici come dato di fatto, senza però che vengano portate fonti accademiche storiche che la dimostrino.
  • Puglia e Basilicata erano importanti per i lanifici e le industrie tessili, molte delle quali gia’ motorizzate. La tecnologia era entrata anche in agricoltura, dove per la produzione dell’olio in Puglia erano usati impianti meccanici che accrebbero fortemente la produzione. Le macchine agricole pugliesi erano considerate fra le migliori d’Europa. La Borsa più importante del regno era, infine, quella di Bari.
Quest’affermazione è confermata da fonti documentate: in Puglia e Basilicata lanifici e produzione dell’olio in quegli anni erano settori competitivi con un’industralizzazione sempre più presente.
  • Una volta occupate le Due Sicilie, il governo di Torino iniziò lo smantellamento “cinico e sistematico” del tessuto industriale di quelle che erano divenute le “province meridionali”. Pietrarsa (dove nel 1862 i bersaglieri compirono un sanguinoso eccidio di operai per difendere le pretese del padrone privato cui fu affidata la fabbrica) fu condannata a un inarrestabile declino. Nei cantieri di Castellammare furono licenziati in tronco 400 operai. Le acciaierie di Mongiana furono rapidamente chiuse, mentre la Ferdinandea di Stilo (con ben 5000 ettari di boschi circostanti) fu fu venduta per pochi soldi a un “colonnello garibaldino”, giunto in Calabria al seguito dei “liberatori”.

Sul declino industriale delle zone sopra citate purtroppo non possiamo fare altre che confermare che sia avvenuto dopo l’Unità d’Italia. Nessuno lo nega, ma gli eventi storici sono il frutto di lunghe concatenazioni di eventi e circostanze, cause ed effetti, che sarebbe davvero difficile riassumere in un post sui social anche senza considerare la mancanza di fonti di cui abbiamo parlato prima.

Quando trovate brani come quello qui sopra prima di condividerli sarebbe sempre bene alcune valutazioni:

  • Fonti: verificare che il testo fornisca fonti accademiche e riferimenti bibliografici dettagliati. In mancanza di questi possono sorgere dubbi sull’affidabilità di quanto riportato.
  • Contesto: se nel testo troviamo citati numeri e dettagli dovrebbero essere riportati in modo tale da permetterci un confronto con altre realtà. Dire “la tal industria impiegava migliaia di operai” senza confrontarla (documentando il dato) con altre realtà simili denota uno scarso approfondimento.
  • Narrativa: il tono che viene usato è chiaramente parziale, non c’è nulla di male in questo, ci sta che l’autore abbia a cuore la difesa del proprio territorio, ma questo purtroppo denota un pregiudizio di cui è importante essere consapevoli.
  • Verificabilità: Il fatto che molte affermazioni siano così dettagliate (ad esempio la questione della prima nave a vapore) rende possibile la verifica, il fatto che nel testo non vengano portate fonti per farla rende poco affidabile il dato.

Giusto per non farci mancare niente, l’illustrazione usata nel post che circola in rete da alcuni anni non mostra un’industria del Regno delle due Sicilie: si tratta di una illustrazione del 1848 che mostra la fabbrica di strumenti musicali di Monsieur Sax, presente prima a Bruxelles e poi a Parigi. Questa informazione è nota ai neoborbonici che diffondono l’immagine, in quanto è da tempo che è stata dimostrata. Il fatto che gli stessi se ne infischino del correggere l’immagine la dice lunga sulla loro affidabilità.

Non crediamo di dover aggiungere altro, avevamo già parlato di neoborbonici in precedenza.

redazione at butac punto it

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