Il pregiudizio della negatività – Negativity bias

Il primo di una serie di tre articoli per approfondire dinamiche legate a bias a cui tutti siamo soggetti

Cominciamo oggi una serie di tre articoli per approfondire dinamiche legate a bias di cui si parla a nostro avviso troppo poco, a scuola come sui media.

Il primo di cui ci occuperemo, come da titolo è:

il pregiudizio della negatività

Si tratta di una tendenza cognitiva che ci porta a dare maggiore peso e attenzione agli eventi, alle informazioni o alle esperienze negative rispetto a quelle positive. In altre parole, il pregiudizio della negatività ci porta ad essere più sensibili e a ricordare meglio le cose negative rispetto a quelle positive.

Questa inclinazione verso il negativo può influenzare la nostra percezione del mondo, portandoci a sovrastimare rischi e a sottostimare opportunità. Tuttavia, è importante essere consapevoli di questo bias e cercare un equilibrio tra l’attenzione data alle esperienze negative e quelle positive nella nostra vita.

Le origini

Il “negativity bias” ha radici evolutive che risalgono fino ai nostri antenati preistorici. La predisposizione a dare maggiore importanza agli stimoli negativi si è sviluppata come una strategia di sopravvivenza. È stata studiata da psicologi come Roy F. Baumeister e John T. Cacioppo, che hanno contribuito a comprenderne le basi cognitive e psicologiche.

Il titolo dello studio di Baumeister dovrebbe servivre da monito per tutti: Bad is stronger than good – Il male è più forte del bene…

Nel corso degli anni, la ricerca su questo bias ha portato a una migliore comprensione delle sue implicazioni nella percezione e nel comportamento umano.

Spiega la dottoressa Barbara Fredrickson, professoressa di psicologia e neuroscienze dell’Università della Carolina:

Gli eventi negativi che minacciano la nostra persona sono statisticamente rari, tuttavia il rischio di soffermarsi così frequentemente sugli aspetti positivi è che potremmo non notare le minacce che devono essere evitate o i problemi che devono essere risolti. Il bias della negatività è il modo in cui la natura ci assicura che non non lasciarti cullare dall’autocompiacimento e non soccombere a pericoli evitabili.

Il problema è che mentre un tempo dovevamo difenderci da pericoli, rari ma concreti, come la bestia pericolosa che si nasconde nel cespuglio, oggi il bias della negatività ci colpisce comunque in molti altri modi.

Esempi pratici

Fateci caso: una critica ricevuta spesso ha un impatto emotivo su di noi molto superiore ai complimenti. Ci viene naturale soffermarci più sulle critiche invece che sui complimenti, anche quando i secondi sono molto superiori ai primi. Allo stesso tempo siamo più propensi a ricordarci le volte che abbiamo fallito che le volte che abbiamo raggiunto un traguardo. Mi viene facile l’esempio pensando a mio figlio, che ha ottimi voti a scuola, ma tende a ingigantire le volte in cui non prende il voto che si aspettava rispetto alle tante volte in cui ha raggiunto il suo obiettivo.

Stessa cosa succede con le relazioni interpersonali. Un singolo litigio può mettere in crisi rapporti con persone con cui magari fino a quel momento andava tutto bene. La nostra mente è portata a ricordare quel momento negativo molto più dei magari tanti momenti spensierati passati con l’altra persona.

Se usciamo dalla sfera intima e passiamo ad esempi più macroscopici, il perché questo bias sia importante diventa ancora più evidente. Sui media vengono spesso enfatizzate le notizie negative, chi si occupa di informazione sa bene che è su quelle che si costruisce una base di lettori/spettatori/follower. Questo modo di fare porta le persone a percepire il mondo come più pericoloso di quello che spesso è realmente. Per fare un esempio pratico la criminalità in Italia negli ultimi anni è stata in calo quasi costante, ma enfatizzare nel discorso pubblico i crimini commessi da una specifica parte della popolazione ha convinto i cittadini di un’emergenza che in realtà non esiste.

Stessa cosa avviene in politica, durante le campagne elettorali i candidati tendono a sfruttare questo bias per focalizzare il proprio pubblico su problemi e minacce future piuttosto che sulle cose buone che potrebbero aver fatto in passato. Questo distoglie da possibili critiche sui precedenti, concentrando l’attenzione più su quelle che sembrano essere emergenze da trattare nel vicino futuro. Così viene manipolata l’opinione pubblica.

Anche in pubblicità si tende a enfatizzare i problemi che un prodotto risolve, ma partendo appunto sempre dalle cose negative, prima, e dando la soluzione dopo. In questa maniera si sfrutta un bias per attirare l’attenzione del consumatore.

L’influenza del bias

Questo focus sugli aspetti negativi delle cose può avere effetti importanti sulla salute mentale di chi lo subisce, aumentando i livelli di ansia e stress. Le preoccupazioni e i pensieri negativi vengono amplificati a dismisura. Inoltre l’abuso del negativity bias può contribuire all’aggravarsi di patologie come la depressione in soggetti che già ne soffrono. Eppure tanti media, specie tra chi deve la propria fama ad allarmismi e sensazionalismi, continuano a farne uso infischiandosene completamente delle possibili conseguenze.

Purtroppo il primo modo con cui si può sperare di tenere sotto controllo questo pesante bias che fa parte di noi dagli albori della civiltà è esserne consapevoli. Solo se siamo consci che il nostro cervello, quando lasciato libero, dà molto più peso alla negatività possiamo cercare di contrastare l’effetto le conseguenze di questo bias.

Un suggerimento che ripeto ogni volta che posso è quello di limitare l’esposizione alla negatività. Diminuire il tempo che passiamo con quel parente che non fa altro che criticarci, smettere di leggere quel giornale che titola solo contro e mai a favore, scegliere altri canali TV da guardare, altri politici a cui affidare le decisioni. Cercare di circondarsi di persone e idee più positive. Ricordare a noi stessi che anche se sembra che il negativo pesi più del positivo è il nostro cervello animale a parlare, e che ci siamo evoluti anche grazie a quello.

I modi con cui mitigare gli effetti del negativity bias dovrebbero essere materia di studio già alle scuole medie, perché fin da allora siamo esposti a questo bombardamento costante di negatività.

Concludendo

Il pregiudizio della negatività è una realtà con cui tutti noi dobbiamo confrontarci, e la consapevolezza come abbiamo visto è un primo passo per affrontarla. Se quest’articolo ha attirato il vostro interesse vi invitiamo a continuare a seguirci, nella prossima guida parleremo di Confirmation bias. Nel frattempo continuate a coltivare la consapevolezza e a cercare un equilibrio tra il negativo e il positivo nella vostra vita.

Grazie per avermi letto fin qui, alla prossima disamina.

maicolengel at butac punto it