Editoriale – L’antisemitismo online

Alcune segnalazioni sono occasione per spiegare perché, anche in casi gravi, censurare non è la soluzione

Con l’esplosione del conflitto in Israele ecco che riaffiorano sul web italiano vecchi contenuti antisemiti. Contenuti che in un modo o nell’altro circolano da decenni, e che proprio in queste ore ci sono stati segnalati da amici e colleghi giornalisti.

Stiamo parlando dei pezzi di una band attiva dagli anni Novanta, non ne faremo il nome, non è nostra intenzione regalare visibilità a chi condivide i loro pezzi (e ancor peggio i loro testi). Usano melodie di canzoni famose per creare testi offensivi, come nel caso della canzone basata su “Laura non c’è” di Nek, che è stata riscritta in modo macabro per parlare di Anna Frank.

Nonostante le loro canzoni siano, negli anni, state rimosse da piattaforme come YouTube, i loro pezzi, e i testi degli stessi, continuano a riapparire. In passato ci sono state diverse denunce, sia giornalistiche che giudiziarie, per il loro contenuto offensivo. Inoltre, la comunità ebraica ha espresso forte condanna e preoccupazione per le canzoni e i loro autori. Alcuni sostenitori della band, in linea con i contenuti delle canzoni, hanno espresso opinioni revisioniste, sostenendo che eventi come la Shoah siano stati esagerati o inventati. Teorie revisioniste che sono state ampiamente smentite e condannate dalla comunità accademica e storica.

Perché ne parliamo su BUTAC? Perché riteniamo importante spiegare, agli amici che vorrebbero che questi pezzi svanissero dalla rete, che è una questione delicata.

La censura di contenuti antisemiti o revisionisti può trasformarsi in un arma a doppio taglio. Alcuni governi hanno iniziato a regolamentare i contenuti online per garantire una maggiore responsabilità, ma ciò può avere enormi conseguenze per il dibattito pubblico e la partecipazione. L’adozione di leggi relative ai contenuti online può mettere a rischio i diritti umani, in quanto i governi possono rispondere alla pressione pubblica con soluzioni semplicistiche per problemi complessi, e alcune leggi possono limitare la libertà di espressione e persino silenziare la società civile o altri critici​​.

Per evitare l’effetto opposto, sarebbe cruciale adottare un approccio che assicuri la trasparenza nelle regole di moderazione dei contenuti garantendo che diverse voci siano rappresentate. Questo sistema può aiutare a costruire fiducia da parte del pubblico nelle istituzioni e a promuovere un discorso più informato e inclusivo​. Ma non è un qualcosa che si può fare dall’oggi al domani. Siamo di fronte a un processo lungo, al momento difficilmente applicabile. Quindi il suggerimento, se si vuole evitare qualsivoglia effetto Streisand* è quello di evitare di citare questi soggetti, lasciare che i loro contenuti vengano diffusi negli angoli più oscuri della rete e segnalare quando tentano di arrivare su piattaforme più mainstream.

Abbiamo intenzionalmente scelto di non nominare la band antisemita a cui facevamo riferimento nell’articolo, ma, dove possibile, abbiamo segnalato la presenza dei loro pezzi agli admin delle piattaforme che li ospitano, chiedendone la rimozione o perlomeno il segnalare che si tratta appunto di contenuti discriminatori.

maicolengel at butac punto it (con l’assistenza di ChatGPT)


*Talvolta, tentare di censurare o limitare la diffusione di informazioni può avere l’effetto opposto, rendendo l’informazione ancora più popolare e desiderata. Questo fenomeno è noto come “Effetto Streisand” e può portare a una maggiore visibilità di ciò che si sta cercando di limitare.


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