La disinformazione dai territori di guerra

Una battaglia narrativa - qualche considerazione

Abbiamo già affrontato l’argomento, ma è essenziale ribadirlo: la disinformazione che proviene dai territori di guerra è massiccia. Sarebbe l’ideale poter scrivere un articolo al giorno per affrontare ogni singola notizia, ma purtroppo è un compito titanico. Le notizie sono troppe, e verificare ciascuna di esse è spesso un’impresa ardua.

Il rischio della condivisione precipitosa

Condividere materiale non verificato, solo perché rafforza la nostra narrativa, è un grave errore. Il rischio di diffondere notizie false o fuorvianti è altissimo e può avere conseguenze nefaste. Come si dice, “avvelenare il pozzo”, anche se fatto in buonafede, rimane pur sempre un avvelenamento.

Oggi voglio esaminare con voi due contenuti recenti che si sono rivelati per ciò che non erano.

La foto generata da un AI

La prima è un’immagine che circola dal 27 ottobre, immagine condivisa da sostenitori della causa palestinese. Nel caso specifico si tratta di Huma Zehra, pakistana con oltre 30mila follower su X (Twitter). Che il 27 ottobre ha condiviso questo post:

L’immagine, come riscontrato dai colleghi di BOOM, è un falso, realizzato con una AI, falso che è possibile verificare grazie a strumenti come AIOrNot.com, probabilmente generata grazie ai modelli di MidJourney. Il profilo di Huma Zehra solo nella giornata di ieri ha condiviso più di 24 post, tutti a favore del popolo palestinese, tutti composti da foto o video: impossibile verificare tutto, impossibile potersi fidare ciecamente. Addirittura su X (Twitter) l’immagine la si trova postata il 23 di ottobre, con un “photo credit” a renderla ancora più autorevole.

E altri la stanno usando come immagine profilo, qui ad esempio potete vederla collegata a un profilo, ancora su X (Twitter), che pare di un residente di Kuala Lampur:

Ma basta cercarla a ritroso grazie a Google Immagini per accorgersi che in meno di due settimane è diventata virale oltre ogni aspettativa, e senza che tanti si siano posti dubbi. Eppure basta guardarla con attenzione per notare che ci sono particolari strani – mani e piedi poco e malamente definiti, arti che non si capisce da dove arrivino.

Il video decontestualizzato

Ma passiamo dall’altra parte, tra i sostenitori di Israele invece è stato fatto circolare un video, di quelli veri, terrificanti (come quello dell’altro giorno con lo spacciatore a cui viene strappato il cuore), che nella prima serie di condivisioni viene raccontato con questi toni:

Ecco i terroristi di Hamas cosa fanno ai PALESTINESI che tentano di lasciare Gaza. Documento che mi è appena arrivato da Israele Peggio dei Nazisti

Anche questo perdonatemi ma non ritengo debba stare su BUTAC, pertanto mi limiterò a uno screenshot e una sommaria descrizione. Nel video si vede una fossa comune, piena di cadaveri e gomme da camion, e man mano che scorrono i minuti si vedono altri soggetti che vengono fatti avvicinare alla fossa, con gli occhi bendati, e con un calcio vengono gettati dentro, mentre un soldato spara loro addosso, uccidendoli.

Il video è terrificante, ma non mostra quanto descritto. Addirittura su canali come BitChute è possibile trovarlo condiviso da soggetti che sostengono che il video mostri esecuzioni sommarie fatte dall’IDF (Israeli Defence Forces, le forze armate israeliane) contro i palestinesi (come qui al minuto 18:30 circa). Ma si tratta di un video ben più vecchio, che mostra il massacro di 288 civili, incluse 7 donne e 12 bambini. A compierlo? I soldati siriani nel 2013.

Quindi un video che viene diffuso sia dai sostenitori degli israeliani, secondo i quali nel video si vedrebbero i miliziani di Hamas uccidere i civili che cercano di fuggire da Gaza, sia dai sostenitori dei palestinesi, che riportano si tratti di soldati israeliani che uccidono civili palestinesi. Non è nessuna delle due cose, eppure è diventato virale e condiviso anche all’interno di cerchie di soggetti che dovrebbero verificare prima di condividere.

Riflessioni

Quando fate le vostre storie sui social prendendo posizione a favore di una o l’altra fazione in guerra cercate di evitare contenuti esterni che non siano verificati, il rischio di contribuire a inquinare l’informazione con narrazioni che poi potrebbero rivelarsi fuorvianti o decontestualizzate è alto, non rendersene conto è sciocco.

Ciò che acceca i sostenitori delle fazioni in guerra è il tifo da stadio; siccome sono convinti di avere ragione, sostengono qualsiasi affermazione possa contribuire a supportare il loro pregiudizio nei confronti della fazione opposta.

Ho visto amici fare reel video, con loro che spiegano perché sia giusto stare dalla parte di *INSERISCI NAZIONE DI TUA SCELTA*, e nel mentre parlano scorrono immagini che so già venire da altra fonte rispetto a quella che viene riportata, che so già non mostrano quanto sostenuto. Ammetto che ogni volta che mi succede perdo completamente la stima dell’autore del video. Anche se magari la penso come lui/lei, sapere che condivide materiale non verificato fa sì che smetta completamente di fidarmi degli altri contenuti che ha condiviso in passato e di quelli che condividerà in futuro.

Concludendo 

In un’epoca in cui l’informazione viaggia alla velocità della luce, la valutazione di ogni condivisione con accuratezza e senso di responsabilità è più cruciale che mai. Quando si prende posizione su questioni complesse come i conflitti, è essenziale evitare di diffondere informazioni non verificate. L’errore non solo può danneggiare la nostra reputazione, ma può anche alimentare ulteriori tensioni: se hai qualche dubbio, non condividere!

In breve, è essenziale che ogni individuo si impegni ad essere un consumatore e un condivisore responsabile di informazioni.

La verità e la comprensione reciproca ne dipendono.

Proprio oggi, 8 novembre 2023 siamo stati citati in un bell’editoriale sul Corriere della Sera, sul tema falsità in guerra, firmato da Gian Antonio Stella.

maicolengel at butac punto it

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