Favoritismo grillino e non-notizie
In questi giorni sta circolando un articolo di politica che parla di un argomento da indignazione facile dal sito di Repubblica.it: “Mariti, fidanzate e amici degli amici, la parentopoli del M5S“.
Parliamoci chiaro, che qualcosa che “non torna” ci sia può anche essere, ed è molto probabile che ci sia stato qualche caso di “ti piazzo lì perché sei mio parente”, come ci sono in tutte le elezioni. Ma come si fa ad esserne così sicuri da scriverci un intero articolo?
Ora, nome per nome.
Il primo nome citato dall’articolo è quello di Giovanna Teodonio, moglie di Marcello De Vito (costui noto a tutti), della quale si dice che su un profilo Facebook rivendichi questa parentela. Non nego che la cosa possa essere vera (dopotutto un matrimonio c’è o non c’è), ma manca la pagina Facebook dell’assessora. Non si sa se sia stata cancellata dopo il presunto scandalo o meno. Ma basarsi su una pagina Facebook pare un po’ poco per un giornalista serio.
La seconda testa a cadere è invece quella di Veronica Mammì, fidanzata a quanto pare di Enrico Stefàno e portaborse (a quanto si dice) della deputata Federica Daga. La giornalista afferma che “fonti interne al partito” hanno deciso di spostarla di municipio, “uno spostamento tattico” nonostante per lei si pensino le politiche! Solo io ci vedo un cortocircuito logico qui? E queste fonti anonime quanto possono essere affidabili?
Seconda cosa: c’è una discreta probabilità che Mammì sia stata eletta per via del suo fidanzamento (non si sa se successivo o antecedente alla prima legislatura della stessa) con Stefàno, ma c’è anche una discreta probabilità che Daga abbia messo una buona parola per lei, cosa che fino a nuovo avviso è del tutto lecita.
(Nota: sì, so benissimo che sono state rimosse dal loro incarico. Ma ciò non toglie che ci si stia addentrando in accuse che per me mancano di solidi fondamenti.)
In seguito vengono nominati:
– Mario Podeschi
– Giacomo Giujusa
– Alfredo Campagna
i quali hanno la colpa di… aver fatto carriera, e di conoscere persone all’interno del loro stesso partito. Tra l’altro, la vicenda di Alfredo Campagna, più che una storia di parentopoli, sembra l’ennesima dimostrazione involontaria del detto “il mondo è piccolo”: viene detto che era compagno di scuola (nel quartiere dove ha sempre vissuto e dove è stato anche eletto, e non mi sembra un crimine questo, sinceramente) dell’ex marito della sindaca. Leggermente più dignitoso che portare come argomentazione una pagina Facebook, ma comunque non abbastanza per un articolo che voglia avere credibilità.
Vengono in seguito citati i nomi di una madre e una figlia e di un padre e un figlio. Anche qui ci sono innumerevoli spiegazioni a questo tipo di situazione e non è necessario e, soprattutto, non è possibile stabilire con certezza che la questione si spieghi solo con la parentela. Anche perché sono stati eletti tutti nella stessa elezione, ed è un po’ insolito e troppo scoperto per parlare di “parentopoli”. Potremmo aver di fronte due coppie di persone scorrette ma potremmo anche aver di fronte quattro persone che siedono dove stanno per un impegno politico condiviso. E non ho elementi per sbilanciarmi né sull’uno né sull’altro, come probabilmente non ce li aveva nemmeno la giornalista di Repubblica.
Abbiamo poi Daniele Diaco e Silvia Crescimanno, situazione effettivamente un po’ “sospetta”. Ma anche qui: mi sembra un giudizio superficiale affermare che siano dove sono solo per il loro legame. Potrebbe essere? Certo. Però potrebbe anche non essere.
Infine c’è l’ultimo reo di aver fatto carriera, Francesco Silvestri, della quale sarebbe responsabile poi la fidanzata… parlamentare.
Ora. Io non ho idea del perché la sindaca o chi per lei abbia scelto queste persone, se per le loro competenze, per le loro parentele o per la loro faccia, e vedo difficile dimostrare qualsiasi tesi a riguardo.
E il motivo è semplice: noi non sappiamo chi di loro è lì per legami affettivi o di parentela e chi per merito effettivo. Perché la meritocrazia è un bellissimo concetto, che però a volte si scontra con la vita reale, nella quale è facilissimo che se si svolge bene un lavoro (o anche male in realtà, basta che il capo ci abbia preso in simpatia) il nostro curriculum finisca sulla scrivania della persona giusta. Ma per affermare che ci sia un qualsivoglia sottinteso non esattamente legittimo ci vogliono anche delle prove, prove che io non ho visto: solo insinuazioni, sospetti e sottintesi.
E mi dispiace, ma per me è no. Non è così che si fa buon giornalismo, non è così che si dimostra di non fare parte di quella fantomatica “macchina del fango” con cui i 5 stelle giustificano ogni attacco mediatico che venga loro rivolto.
Elivet Logan Rogers
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