Il documentario di Mazzucco sull’Ucraina e le post-verità – Vol. 3

L'allargamento Nato, il “sorriso furbetto” di Biden e il primato italiano

La terza parte delle analisi di anDREAM sul documentario di Massimo Mazzucco “Ucraina, l’altra verità”. Se ve le siete perse, potete trovare le prime due parti linkate al fondo dell’articolo.


Il video in cui Joe Biden sembra profetizzare una reazione russa in caso di espansione della NATO è stato usato non solo dal documentario di Mazzucco come vera e propria “pistola fumante” a dimostrazione della sua tesi cospirativa in particolare, ma anche in generale a favore della prospettiva russa sulle “responsabilità occidentali” nell’invasione dell’Ucraina – prospettiva che, va detto, è eccezionalmente rappresentata sui media italiani, oltre che in Russia, come è ovvio.

Il frammento di 35 secondi è comparso su Twitter il 7 marzo, a meno di due settimane dall’invasione, ha quindi realizzato milioni di views, è stato grabbato, sottotitolato e diffuso il giorno seguente in Russia da RT e da tutta la potenza di fuoco social dei canali (interni e internazionali) correlati. Ma è comparso anche in USA, su Newsweek. Qui in Italia il video è stato ripreso il giorno stesso da Il Fatto Quotidiano e il giorno ancora successivo da Il Tempo.

Nessuna altra grande testata internazionale ha rilanciato o fatto cenno al video (indovinate perché…) e solo noi abbiamo il primato di aver ben due giornali importanti che lo hanno pubblicato così come è arrivato, senza sospettare di nulla, senza fact-checking e analisi della fonte, ma, c’è da dirlo, Mazzucco ha ragione: quel sorriso è smaccatamente furbetto.

“Nothing prepared me for your smile”
David Bowie – “Thursday’s child” – Hours, 1999

Nel caso di Newsweek, la tecnica del clickbaiting è ben nota: “Guardate quanto sta girando questo video!”. A cascata, l’approccio dei nostri media è il rilancio.

Il sito della rivista americana Newsweek pubblica un video di quasi un quarto di secolo fa, quando l’allora senatore avvertiva dei rischi di un allargamento dell’Alleanza atlantica a Est a cui la Russia avrebbe potuto reagire. Putin, nel giustificare la sua invasione dell’Ucraina, ha parlato dei timori di un’adesione anche da parte di Kiev
(Il Fatto Quotidiano – 8 marzo 2022).

Quando Joe Biden nel 1997 diceva: “L’espansione Nato provocherà una risposta vigorosa della Russia”
(Il Tempo – 9 marzo 2022)

Ovviamente non è vero né che l’allora senatore avvertisse dei rischi dell’allargamento, né che abbia detto che l’espansione della Nato avrebbe provocato una risposta vigorosa della Russia.

Poco importa se si parla dei Paesi baltici nel ’97 e non dell’Ucraina di oggi, il video, tagliato in questo modo, colpisce nel segno perché sembra estremamente credibile e ci pone inevitabilmente un interrogativo forte: se Biden già nel ’97 conosceva il rischio che la Russia reagisse molto male, per quale motivo l’allargamento è proseguito? Oggi che la reazione russa c’è stata, in fondo, non è anche colpa della NATO se è successo questo disastro? O, come minimo, si sarebbe potuto cercare di evitare questa tragedia? Does it make sense?

Non proprio del tutto. Quel che sembra suggerire la clip avrebbe senso solo in due casi: nel primo caso se Biden fosse un senatore facente parte della fazione – che esisteva ed esiste tuttora – contraria all’allargamento (“Signori, guardate che se espandiamo la NATO c’è questo grosso rischio”). Nel secondo caso avrebbe senso solo se Biden fosse un provocatore così spudorato da prima suggerire che esiste questo grosso rischio e, immediatamente dopo, chiedere apertamente di votare per l’allargamento.

Ne risulta infatti un discorso che sembra quello di un folle sconsiderato, che ha tutta l’intenzione di giocare un pericoloso azzardo senza curarsi delle eventuali conseguenze. Certo, eravamo abituati fino a pochi mesi prima a vedere Donald Trump e le sue boutade, ma Biden – per quanto possa non piacerci – non è decisamente il tipo: non è nel suo registro (seppure di gaffe ne abbia fatte diverse). Un Biden che pubblicamente si sfrega le mani lanciando un dado contro una potenza atomica, siamo onesti, non quadra.

Avevo promesso di approfondire, quindi, prima ancora di passare a spiegare perché il video – tagliato in questo modo – fa dire cose completamente diverse da quel che ha realmente detto Biden, mi piacerebbe cercare di capire, con voi, non solo come funziona la macchina delle pubbliche relazioni al servizio della infowar putiniana, ma anche come il nostro giudizio sia così soggetto alle interferenze che è sufficiente un unico tweet di uno sconosciuto a farci mettere in dubbio un intero sistema di scelte di alta politica, azzerando tutta la complessità del ruolo della cooperazione nelle relazioni internazionali.

L’insegnante delle elementari

In una città dello Stafforshire, a meno di due ore di treno da Londra, c’è un neolaureato abbastanza brillante che insegna in una scuola elementare e che ha diverse passioni: la pedagogia di avanguardia, Junior Bake Off, il metodo Montessori, un impegno politico nemmeno troppo radicale su temi come i diritti LGBT+, la Palestina, la decolonizzazione culturale, il femminismo, la lotta di classe, l’antirazzismo, il marxismo… uno che potrebbe essere un tipo interessante con cui confrontarsi con una birra in mano e che tutto sembra tranne che un propagandista. Ma twitta come un dannato. Dozzine di tweet al giorno, anche a Natale. Riservato, pochissime foto sui social, pochissime interazioni, scrive recensioni di libri di pedagogia e insegna ai bambini.

Visto soprattutto il suo sostegno alla causa palestinese e le sue critiche alle politiche del governo di Israele e a quello degli Stati Uniti, a partire dal 24 febbraio la sua insofferenza per quello che lui percepisce come il doppio standard dei media occidentali nei confronti di questa nuova invasione si fa sentire in tutti i dieci, venti tweet e retweet quotidiani, incessante. L’argomento diventa un pochino ossessivo, le questioni personali e i commenti agli show televisivi scompaiono, sono giorni difficili, intensi, confusi, nessuno parla di Gaza (come al solito) ma tutti ora solidarizzano con un Paese di cui non sanno quasi nulla, ignorando le parti più controverse, come la questione delle milizie nazionaliste ucraine e dei loro simboli, quasi dimenticandosi le malefatte perpetrate fino a ieri dall’Occidente senza mai subire una sanzione: i like, i retweet e i commenti a supporto aumentano a vista d’occhio.

Fino a qualche mese prima i suoi parenti ironizzavano commentando le foto di gruppo scrivendogli “quindi hai degli amici!”. Ora invece gli amici, quantomeno virtuali, sono sempre di più.

Tra un tweet che solidarizza con i rifugiati e uno sfogo sull’acritica ipocrisia delle masse, cominciano a comparire anche le narrative classiche del Cremlino e non manca qualche scivolata in alcune palesi fake. Una, in particolare, ci interessa qui: il famigerato discorso di Poroshenko sui “figli nelle cantine”. È praticamente un classico del 2014 diffuso da Russian Channel One, una costante in tutti i profili che ho seguito finora e che sfrutta un meccanismo semplice: lo spezzone di discorso decontestualizzato, in cui il senso viene frainteso o ribaltato completamente.

Alle 10 di mattina del 7 marzo il nostro neolaureato dello Stafforshire posta la clip di Biden su Twitter, tagliata così come la ritroveremo noi in Italia sul Fatto, sul Tempo, nel documentario di Mazzucco: è un trionfo. A poco serve il timido commento di una ragazza estone che cerca di spiegargli che:

Nato did nothing to push expansion. We asked for nato membership, insistently. To have our neveragain guarantee for not being deported and killed and instead be free to grow our people and free our brains.

Ovvero:

“La NATO non ha fatto nulla per forzare l’espansione. Siamo stati noi a chiedere di aderire, insistentemente. Per avere la garanzia di non essere mai più deportati e uccisi e potere essere liberi di crescere e di pensare.

“No”, le risponde un coro grottesco: “Dovevate restare neutrali, invece avete provocato la Russia”. Segue un botta e risposta surreale di occidentali che “spiegano” alla malcapitata estone come ci si comporta da bravi ex-sovietici. Alla faccia della decolonizzazione culturale, del femminismo e dei doppi standard. Come si cambia.

Ma non abbiamo dimenticato RT?

Già. Che sia stato direttamente il nostro maestro delle elementari a estrapolare precisamente quella clip, o che qualcuno gli abbia dato un’imbeccata – l’unico che lo può sapere è lui -, chi lo ha fatto lo ha fatto con un intento precisissimo: falsificare sapendo di farlo. C’è chi lo fa per mestiere.

Russia Today nasce nel 2005, e diventa semplicemente RT dal 2009, quando assume contemporaneamente una linea molto più internazionalista e aggressiva: si occupa soprattutto di raccontare le notizie internazionali al resto del mondo, “dal punto di vista di Mosca”; questa celebre emittente – che non si è fatta mancare in passato quasi nessuna teoria del complotto, dalle scie chimiche al negazionismo climatico – è, in estrema sintesi, l’organo ufficiale del Cremlino. Trasmette in inglese, francese, arabo e spagnolo ed era (prima del 24 febbraio) accessibile a circa 700 milioni di persone nel mondo, in 100 Paesi diversi, grazie a 23 satelliti.

Oltre a questa “nave madre”, la “flotta mediatica” delle pubbliche relazioni nazionali e internazionali di Mosca si compone di una potenza di fuoco diversificata, su carta, in TV e sul web fino a dividersi in una fittissima e capillare rete di canali social/blog/siti minori dedicati a target diversi, tra cui non manca l’attenzione per una audience occidentale di sinistra anche solo moderatamente insofferente nei confronti delle istituzioni occidentali, come Redfish, che alterna critiche a un lato e all’altro, del tipo “né con la Russia, né con la Nato” (ma è a sua volta finanziata da Mosca, orientata dalle strategie del governo ed è seguita da molti, anche dal nostro insegnante inglese).

Quanto vale, per la propaganda, un post di questo tipo sul profilo di un giovane intellettuale anglosassone? Il valore è inestimabile, perché se dal lato russo il video non ha bisogno di fonti “occidentali” per essere propagato, dal quello occidentale difficilmente si sarebbe potuto sperare di arrivare su grandi piattaforme (principalmente USA e italiane) partendo da una fonte palesemente russa, senza che a nessuno venisse l’idea di fare almeno un check. Bingo.

Il primo post di RT è dell’8.

Un video identico viene immediatamente pubblicato da The Moscow Post e da VZGLYAD.RU. Spezzoni simili vengono anche postati su facebook: SMERSH, Pul Pervogo, Russian Army, Russian Washington e Kavkaz i Rossiya: vmeste navsegda nonché nel gruppo Novosti Estonii.

(Mythdetector – 8 marzo)

In Germania, ancora due mesi dopo, una debunker deve ritradurre il testo perché è stato ulteriormente alterato nei sottotitoli in tedesco.

Non si contano le ricondivisioni. La bomba è stata sganciata su entrambi i fronti e ricondivisa, commentata e fomentata da persone reali come da profili di persone “diversamente reali”: una fortunatissima coincidenza o forse un’operazione pianificata, questo nessuno lo sa ma il colpo – a costo zero – è decisamente andato a segno.

Il video dell’Atlantic Council

Il video integrale ci dice molte cose interessanti sulla strategia dell’allargamento, sul punto di vista di Biden e sul dibattito di quegli anni, e risponde anche a varie domande, oltre a dimostrare, visto nel suo insieme, quanto sia falsa la lettura che esce dalla singola clip. Se vi interessa proseguite di seguito, mentre se volete solo la parte veloce sulla falsa lettura scorrete in basso e saltate il mio riassunto.

Biden (che nel ’97 è un senatore del Delaware) si sta rivolgendo alla platea di un importante think tank atlantico bipartisan, nato nel dopoguerra e considerato un punto di riferimento per le politiche internazionali: l’Atlantic Council. Si rivolge ai suoi interlocutori in vista del voto per accettare nel Patto atlantico tre nuovi Stati europei: la Repubblica Ceca, l’ Ungheria e la Polonia, e parla proprio del senso di “espandere la NATO”, illustrando il motivo per cui lui e altri politici americani pensavano, nel 1997, che fosse il caso di andare in questa direzione.

Ci sono fondamentalmente tre posizioni tra i senatori in quel momento, spiega Biden:
– Il primo è formato da quelli che pensano che la NATO non solo sia stata, ma continui a essere essenziale per gli interessi americani di sicurezza, e per questi senatori non è questione di espanderla o non espanderla, bensì di espanderla oppure di farla morire. E questo è il gruppo di cui fondamentalmente fa parte anche lui – dice.
– Il secondo gruppo dice che la NATO è importante, ma che è sbilanciata verso l’Europa, e l’Europa ormai non è il teatro più importante su cui concentrarsi.
– Il terzo gruppo, di cui ci sono alcuni esponenti nel suo partito e alcuni in più nel partito repubblicano – dice – è composto da neo-isolazionisti che dicono che gli Stati uniti dovrebbero ritirarsi dal mondo, da una gran parte di aree e in definitiva dalla NATO.

Poi introduce tre argomenti:
1. L’Unione Sovietica è un vecchio ricordo, non è più una minaccia e oltretutto è lontana, in Europa. Per quale diavolo di un motivo dovremmo preoccuparcene?
2 Il Pacifico è l’area più importante per la crescita economica, mentre non lo è certamente l’Europa, e quindi le risorse dovrebbero concentrarsi nel Pacifico e non in Europa.
3 L’America Latina, con tutte le occasioni di possibilità commerciali, è anch’essa molto più importante dell’Europa, anche per via dei numerosi problemi con il narcotraffico, l’immigrazione clandestina e anche in vista delle grandi opportunità commerciali che si prospettano lì.

Ora interrompo il discorso per fare presente una cosa: negli anni Novanta, il dibattito sulle politiche internazionali, a livello accademico, si svolgeva tra due teorie e scuole di pensiero: i (neo)realisti e gli internazionalisti neoliberali. Due modi diversi (non necessariamente antitetici) di interpretare le relazioni internazionali.

Due esempi brevi.

(…)La teoria realista presume che gli Stati siano gli attori chiave della politica internazionale: attori razionali, autonomi e unitari, i cui obiettivi e strategie sono modellati dal contesto anarchico nel quale si muovono. (…) I realisti sostengono che gli stati sono preoccupati fondamentalmente per la loro sicurezza e di conseguenza hanno il carattere di posizionalisti difensivi. (…) Assillati dalle loro capacità relative e attenti alla loro capacità di compiere scelte autonome e azioni indipendenti.
(Joseph M.Grieco)

(…) Mentre realisti e neorealisti enfatizzano il potenziale di conflittualità tra gli Stati, gli istituzionalisti razionali sottolineano la frequente presenza di interessi comuni. Così le relazioni internazionali non sono semplicemente una lotta senza regole per il potere; anzi, sono caratterizzate non di rado da situazioni in cui l’azione collettiva crea la possibilità di guadagni congiunti attraverso la cooperazione.
Il potenziale per la cooperazione interstatale a sua volta apre uno spazio analitico per le istituzioni internazionali (…)
(John S. Duffield)

Non illudiamoci di averci capito qualcosa, era solo un assaggio per darci l’idea che siamo in un ambito molto complesso nel quale si ritrovano dibattiti e prospettive a confronto su cui si sono spese carriere, volumi di analisi, correnti e controcorrenti… non propriamente un discorso da bar (o da talk-show).

Prosegue Biden:

E così l’ultimo argomento che salta fuori spesso è che l’allargamento della NATO possa vedere il comunismo e il nazionalismo in Russia acuire nuove linee di divisione in Europa, questo è ingiusto a dirsi, ovvero il dire che questo comporterebbe il crescere di queste divisioni che noi non vogliamo vedere incoraggiate.

Vorrei dire che L’Europa resta per noi fondamentale per ragioni economiche, strategiche e culturali. Una grandissima parte delle democrazie nel mondo sono in Europa, e resta uno dei partner economici globali più importanti degli USA. (…)
Molte economie dei Paesi dell’Est Europa hanno già forza-lavoro altamente qualificata, sono già cresciuti rapidamente economicamente e sono già pronti ad attrarre investimenti americani considerevoli.
E inoltre la maggior parte degli americani hanno fortissimi legami con l’Europa e hanno legami personali in Europa.
Sarebbe una catastrofe per tutti una situazione di instabilità in Europa.
Ora, come potrebbe mai arrivare questa instabilità?
Non certo dall’esercito russo che è mal messo e che difficilmente potrebbe nemmeno riuscire a riconquistare la Cecenia (NdA: siamo nel 1997 e le cose non andavano benissimo…).
Le minacce in Europa sono cambiate e potrebbero essere anche peggiori di quelle della Guerra fredda. Sappiamo tutti di cosa parliamo: ci sono problemi di odio etnico e religioso che sono stati fomentati in modo orribile con migliaia di morti, stupri e hanno creato migliaia di rifugiati e persone brutalizzate in Bosnia (NdA: sta parlando del 1992-1995).
Poi ci sono le ben organizzate forze del crimine organizzato che tecnicamente si estendono da Mosca a New York a Los Angeles.
E alcuni di voi potrebbero chiedersi: perché gli europei non possono prendersi cura da soli dei loro problemi? Beh, la vita è ingiusta. E l’Europa, secondo il mio punto di vista, e passerò dei guai per averlo detto, non ha ancora sviluppato una maturità politica per mettere a posto questi problemi nel continente SENZA almeno… almeno in molti casi, senza un aiuto vero e fermo e forte da parte degli USA (reminder per i più giovani: nel 97 non c’era ancora nemmeno la moneta unica, qui da noi, NdA).

Mi fermo qui e riassumo quello che si evince da tutto l’intervento (che vi invito a guardare, dura circa un’ora). Biden-senatore, oratore di intelligenza notevole e non privo di umorismo, parla di Russia solo sporadicamente, e lo fa in questi termini: la Russia non rappresenta un nemico militare, potrebbe però, a livello psicologico, vivere male alcuni atteggiamenti. Biden, che dice di aver parlato con un grandissimo numero di politici in Russia senza che nessuno di questi gli abbia dato torto sull’espansione della NATO, crede in ogni caso di riuscire, con i fatti, a dimostrare che la stabilità politica ed economica nell’est europeo possa essere una scelta vincente e conveniente per tutti, anche per la leadership russa e il suo popolo (Putin in questo momento fa parte ancora dell’amministrazione di Elt’cin, come direttore dell FSB a Mosca, e diventerà primo ministro tra due anni).

Come pensa di convincere i russi? Passo dopo passo. Allargando e lavorando bene sull’allargamento di questi primi tre Stati (stiamo sempre parlando dell’allargamento che avverrà nel ’99) sarà ovvio anche alla Russia che non avrà da temere sui prossimi allargamenti – questo è il succo del suo discorso.

Biden parla anche del nuovo ruolo della NATO, quasi a voler rispondere alla domanda che ci siamo fatti anche noi nel Vol. 2: che senso ha, dopo la caduta del Patto di Varsavia? La NATO di cui parla, non più in funzione anti-sovietica, ricoprirebbe un ruolo di “stabilizzatore”. Gli esempi che porta vengono sia dai tempi della Guerra fredda che da quelli post-muro di Berlino:

La Francia e la Germania, da ex-nemici, sotto l’ombrello della NATO nella guerra fredda sono stati in grado di cooperare e creare società libere di grande successo.
Nell’Europa orientale del 1997, allo stesso modo – dice – stati da poco indipendenti stanno cercando di creare una politica democratica ed economie di mercato. Ed è un processo veramente difficoltoso, che se non inserito in un contesto più grande può andare fuori controllo.

C’è infine una questione morale che viene posta: questi Paesi non hanno alternative e sono stati rassicurati dall’Occidente sul fatto che avrebbero potuto contare sul nostro aiuto.

La falsa lettura

Lo spezzone tagliato dal professore inglese e citato da Newsweek, dalla stampa italiana e dal documentario di Mazzucco arriva proprio negli ultimissimi minuti, a conferenza finita. Dopo una serie di domande su quali saranno i prossimi candidati, in quale ordine e raggruppati in che modo, una giornalista (l’ultima) gli chiede: i Paesi baltici non potrebbero essere inseriti in questo allargamento?

Biden risponde di no: in quel preciso momento in cui stanno parlando, ovvero nel 1997, accettare i Paesi baltici nell’allargamento immediatamente prossimo sarebbe prematuro, un errore che rischierebbe di scatenare una reazione scomposta della Russia. Come ha già detto in precedenza, infatti, il processo va curato passo dopo passo, dimostrando (alla Russia e a tutti) che questo allargamento non rappresenta una minaccia, ma un’opportunità per tutti.

Quindi Biden “avvertiva dei rischi” – come dice Il Fatto – relativi all’allargamento? No. Sapeva invece che, muovendosi passo dopo passo, non avrebbero corso alcun rischio.

Diceva che l’allargamento avrebbe causato una reazione da parte della Russia, come dice il Tempo? No, parla di un’ipotetica reazione “vigorosa” della Russia, proprio per supportare l’argomentazione che i Paesi baltici andranno invitati successivamente, non in questo allargamento del ’97 (1999).

Sta, come sostiene Mazzucco, con il suo sorriso furbetto, confermandoci che l’obiettivo degli americani era allora ed è tuttora quello di innervosire i russi, allargando la Nato? Evidentemente no. Al contrario, contava sui benefici comuni derivati dalla stabilità che avrebbe garantito l’allargamento.

Concludendo: criticare la NATO, l’UE, l’Occidente e tutte le loro contraddizioni non solo è un diritto, ma è un nostro preciso dovere: ne facciamo parte. Propizio sarebbe fornirsi di argomenti convincenti: “Abbassare il volume, alzare il livello”.

anDREAM


Le prime due parti dell’analisi

Libri consigliati

Per RT e situazione delle relazioni esterne del Cremlino ho preso da Marta Ottaviani – Brigate Russe: La guerra occulta del Cremlino tra troll e hacker, Ledizioni, 2022

Oltre ai soliti libri già citati in precedenza sulla propaganda russa (vedi Vol. 1), vi inserisco un testo (mattone, ma interessante) che è materiale didattico sulle relazioni internazionali (da cui ho preso i due esempi sul realismo e sull’internazionalismo neoliberista): Teorie e metodi delle Relazioni Internazionali – a cura di G.J Ikenberry e V.E. Parsi

Visto che citavo Žižek in altri frangenti, segnalo (anche se non lo ho citato) che è uscito ad aprile di quest’anno il suo Guida perversa alla politica globale, Ponte alle Grazie, 2022, in cui parla anche di Ucraina, ma anche di molto altro.

Su moltissimi temi di cui abbiamo parlato anche noi (non solo sull’allargamento NATO), segnalo uno dei video più approfonditi e puntuali che ho trovato, un debunking di Ludovico Zanette e Andrea Castagna, che parte da alcune (poche) frasi del Prof. Barbero. Guardate anche solo la bibliografia in descrizione al video.

La nostra diretta di qualche tempo fa con Marta Ottaviani, proprio per parlare di Brigate Russe:


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