No, Putin e la NATO non sono la stessa cosa. E nemmeno paragonabili

La complessità degli eventi non rende tutte le parti ugualmente colpevoli

Dall’inizio dell’attacco russo in Ucraina mi è capitato di sentire dire spesso che “le cose sono più complicate di così”, ed è senza dubbio vero. Buoni e cattivi non si distinguono con nettezza nella nostra vita quotidiana, figuriamoci quando si tratta di relazioni internazionali. Bisogna però stare attenti ad apprezzare la complessità delle cose senza cadere in un relativismo amorale secondo cui tutto è uguale a tutto.

Prendiamo in esame ad esempio l’articolo del Fatto Quotidiano a firma di Salvatore Cannavò uscito giovedì 17 marzo. Già dal titolo l’intenzione del giornalista è piuttosto evidente:

Belgrado ’99, quando noi eravamo Putin. La guerra e i suoi morti rimossi

Non si tratta di una semplificazione del titolista, perché nel corpo dell’articolo viene subito chiarito che «una volta Putin eravamo “noi”»; il giornalista prosegue e mette sullo stesso piano i bombardamenti NATO durante la guerra del Kosovo (l’Operazione Allied Force) e l’invasione russa dell’Ucraina. Dopo avere ricostruito le origini dell’intervento in Serbia, Cannavò elenca dettagliatamente i bombardamenti che in quell’occasione provocarono vittime civili. In chiusura l’autore ricorda che, successivamente all’intervento contro la Serbia, la NATO ha modificato la propria strategia prevedendo la possibilità di effettuare interventi militari anche in deroga all’articolo 5 dell’alleanza (cioè l’intervento a difesa di uno dei Paesi membri). Questo articolo è un ottimo esempio di come, pur non dicendo della falsità, si possono distorcere i fatti al punto da proporre un’equivalenza morale (anzi, immorale) tra la NATO e Putin. Vediamo perché.

Non tutti fanno la guerra allo stesso modo

Prima di entrare nel merito, desiderio precisare una banalità: la guerra è brutta di per sé, sia che la faccia Putin sia che la faccia la NATO. Non tutte le guerre però sono uguali: nei due mesi e mezzo di bombardamenti contro la Serbia (24 marzo – 10 giugno ’99) secondo l’ong Human Rights Watch sono morti circa 500 civili. In meno di un mese di guerra condotta dalla Russia in Ucraina le vittime sono già quasi 800, secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Non solo la cifra è destinata ad aumentare visto il perdurare del conflitto e il totale disprezzo mostrato da Putin per la vita dei civili, ma 800 è la stima più bassa tra quelle che vengono proposte. Lo stesso Alto commissariato, nel dare la cifra, specifica che probabilmente il totale è più alto.

È sempre pericoloso parlare di numeri, perché si rischia molto velocemente di diventare cinici; perciò dobbiamo ricordarci che un numero in più o in meno è una persona che prima c’era e ora non c’è più. Proprio per questo è importante sottolineare la differenza tra il comportamento della NATO e di Putin. L’Alleanza atlantica, con tutti i difetti del mondo, cerca sempre di ridurre al minimo le perdite civili; Putin conduce una guerra indiscriminata. Al momento l’unica cosa che ha evitato di fare è usare armi chimiche o nucleari.

I perché della guerra

Sono anche molto diverse le motivazioni che hanno portato ai due conflitti. Nel ’99 la NATO è intervenuta perché era in corso in Kosovo un’operazione di pulizia etnica da parte del governo serbo. Questo fatto è stato accertato dal Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (sotto l’egida delle Nazioni Unite).

Putin ha affermato di essere intervenuto per fermare il genocidio perpetrato dal governo ucraino in Donbass, ma come ricordavamo qualche giorno fa, il 18 marzo la Corte internazionale di giustizia ha smentito questa sua affermazione e ha chiesto di terminare immediatamente le operazioni militari.

Non esiste una motivazione umanitaria a questo conflitto. Putin semplicemente non vuole che gli ucraini siano liberi di decidere se aderire o meno a questa o quella organizzazione internazionale, e infatti le trattative vertono su quello.

Conclusione

Per chiudere l’articolo vale la pena far notare che la NATO dopo l’invasione del Kosovo non ha mai più condotto operazioni militari che non fossero giustificate dall’articolo 5 dell’Alleanza, cioè dalla difesa di uno dei suoi membri. Diversamente in questi anni Putin ha invaso la Georgia, l’Ucraina (due volte) e ha devastato la Cecenia.

Ah, nessuno di questi paesi aveva attaccato la Russia.

Michele Armellini

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