La Bulgaria, l’euro e i sovranisti

Colpi presentati come "durissimi", perché se qualcuno ha fatto una scelta con cui non siamo d'accordo la priorità è inquinare il pozzo per delegittimarla

Sul blog dell’ex senatore Gianluigi Paragone è stato pubblicato un articolo dal titolo:

“Due monete in circolazione”. La scelta del Paese Ue, un colpo durissimo per l’euro e per Bruxelles

L’articolo porta la firma di Tommaso Croco, che abbiamo già conosciuto in una precedente occasione. Comincia così:

Tra le bizzarrie di quest’Unione Europea sempre più ricca di contraddizioni e sempre meno d’aiuto alle famiglie, c’è anche un incredibile paradosso di natura prettamente monetaria: la Bulgaria è infatti diventata membro Ue dal 2007 ma continua a utilizzare la propria valuta nazionale (il Lev), rifiutando il passaggio all’euro.

Non si tratta di una bizzarria, in quanto la Bulgaria, come altri Paesi dell’Europa orientale, fa parte dei Paesi di cambio ERM II (Exchange Rate Mechanism, meccanismo di cambio europeo) senza ancora aderire alla zona euro. Questo è un fatto noto e risaputo, poiché gli accordi per l’ingresso della Bulgaria nell’Unione Europea risalgono al 2007. All’epoca, il Ministro delle Finanze in carica, Plamen Oresharski, riteneva che sarebbero riusciti a soddisfare i cinque criteri necessari per l’adozione dell’euro entro il 2009, in modo da adottare la moneta unica nel 2012. Tuttavia, lo Stato dell’economia bulgara, con un’inflazione del 9,4% tra il 2007 e il 2008, ha impedito il soddisfacimento dei criteri necessari fino al 30 aprile 2020, quando la Bulgaria è finalmente rientrata nei requisiti per gli accordi europei di cambio.

Inizialmente, dopo aver soddisfatto i criteri necessari nel 2020, era stata scelta come data per l’adozione dell’euro il 1 gennaio 2025. Tuttavia, l’anno scorso, a causa della crisi di governo in corso, il nuovo governo filoeuropeo ha proposto di anticipare l’introduzione dell’euro già dal 2024, affiancandolo al lev, al fine di consentire ai cittadini di scegliere in quale valuta effettuare le transazioni (cosa già permessa alle aziende bulgare). Nulla di ciò giustifica il titolo di Paragone. Se avete letto attentamente, l’idea è di anticipare l’introduzione dell’euro, non di ritardarla.

È vero che c’è stata una raccolta di firme voluta dai partiti filorussi di opposizione, tuttavia la maggioranza dei cittadini bulgari e i loro rappresentanti governativi sono contrari a indire un referendum in proposito, ritenendolo inutile. Inoltre, il partito che ha presentato la proposta di referendum rappresenta solo 37 seggi nell’Assemblea Nazionale bulgara, su un totale di 240. È importante chiarire che la legge bulgara prevede che, se vengono raccolte più di 200.000 firme, il governo è obbligato a discutere del tema, e ciò sicuramente avverrà. Tuttavia, come spiegato dai politici in carica, il partito di opposizione che si basa su questo referendum sta sfruttando bugie e disinformazione per manipolare i sentimenti dei propri sostenitori.

La principale falsità consiste nell’idea che la Bulgaria rinuncerà alla propria sovranità monetaria. In realtà, tale sovranità è già stata persa nel 1997, quando il lev bulgaro è stato agganciato all’euro – e da allora è rimasto così, come chiunque conosca l’economia potrebbe spiegare (evidentemente non Croco). Come chiarito dall’economista bulgaro Georgi Angelov su Svobodna Evropa, l’adesione all’Eurozona significa in realtà una maggiore stabilità finanziaria e bancaria, l’opposto di quanto affermano tutti coloro che parlano a favore dell’annullamento o del rinvio del processo.

Il fatto che partiti filorussi cerchino di minare l’Unione Europea non è qualcosa di nuovo, accade anche nel nostro Paese con movimenti come ItalExit, proprio come quello di Paragone.

Non crediamo di dover aggiungere altro, lasciamo che traiate voi eventuali conclusioni.

redazione at butac punto it

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