Indennizzi e risarcimenti vaccinali

"La sua vita vale 70mila euro"

Purtroppo nella galassia dei giornalisti italiani sono sempre troppo pochi quelli che prima di pubblicare un articolo fanno la benché minima ricerca online per verificare se stanno per dire qualche sciocchezza o meno.

È il caso delle tante testate che hanno pubblicato articoli sulla sentenza che ha destinato poco più di 70mila euro ai parenti di Francesca Tuscano, la giovane insegnante morta ad aprile 2021 per una trombosi cerebrale.

Titoli come quello di ANSA, maggiore agenzia di stampa italiana:

Morta dopo dose Astrazeneca, la sua vita vale 70 mila euro

Libero Quotidiano:

Vaccino Astrazeneca, muore a 32 anni dopo il siero. “Indennizzo”, famiglia in rivolta

Il Giorno:

Morta a 32 anni dopo vaccino Astrazeneca, la sua vita vale solo 77 mila euro di indennizzo

E l’elenco è lungo, partendo dall’onnipresente Repubblica che per prima aveva cavalcato il sensazionalismo nella sua edizione locale:

Genova, morì a 32 anni dopo il vaccino AstraZeneca: la sua vita per lo Stato vale 70mila euro

Perché dico che nessuno dei giornalisti delle redazioni citate ha fatto la benché minima ricerca? Perché se l’avessero fatta avrebbero scoperto come mai si parla appunto di indennizzo e non di risarcimento. Pensate che noi su BUTAC avevamo preventivamente sbufalato tutte queste testate già nel 2015, quando fummo costretti a spiegare che:

Questi chiedono un indennizzo, l’indennizzo sono alcune decine di migliaia di euro. Non chiedono un risarcimento, perché un risarcimento vuol dire andare in un contraddittorio – perché lo capite anche voi, se uno ha un figlio che è diventato autistico a causa della vaccinazione, il danno è da 4-5 milioni di euro, non decine di migliaia – però questi cosa sanno? Che se vanno in un giudizio reale, dove chiedono un risarcimento, perdono. Mentre la modalità dell’indennizzo, dove queste cause vengono affrontate davanti ad un Giudice del lavoro, che applica una legge che dice – Si può escludere in maniera del tutto certa, al mille per mille che la causa non sia stata il vaccino?

La situazione è la stessa da anni: legali e periti, del tipo che negli Stati Uniti viene definito “ambulance chaser” (inseguitori di ambulanze), avvicinano parenti di persone che hanno avuto quelle che ritengono essere reazioni avverse ai vaccini e li accompagnano in questi percorsi di richiesta di denaro allo Stato. Il perché non chiedano cifre milionarie di risarcimento ma solo indennizzi da poche decine di migliaia di euro è spiegato poco sopra. Nel caso in questione i soggetti che hanno presentato perizie e richiesta indennizzo, guarda caso, sono gli stessi di un altro caso che abbiamo già trattato sempre su queste pagine, quello della povera Camilla Canepa.

Che gli avvocati facciano così è comprensibile, ci campano, ma che le redazioni non spieghino queste cose è a nostro avviso la dimostrazione (l’ennesima) del pessimo stato del giornalismo italiano, tutto basato solo e unicamente sul sensazionalismo: la corretta informazione e lo spirito critico sono stati abbandonati da anni. Oltretutto se guardate i titoli sono gli stessi giornalisti a manipolare la percezione del lettore scrivendo “morta dopo il vaccino”. Potrebbero scrivere morta dopo aver bevuto il caffè o dopo che si è allacciata le scarpe visto che è probabile che anche quelle siano azioni fatte prima di morire, azioni per cui non è provata alcuna correlazione. La sentenza di indennizzo infatti non si basa come abbiamo detto su un’analisi con contraddittorio, ma su una perizia che dice che “non può essere dimostrato al 100% che non sia stato il vaccino” che non è dimostrazione di correlazione ma solo di impossibilità a negare la stessa.

Non possiamo aggiungere altro.

redazione at butac punto it

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