Nicola Porro e l’informazione di qualità

La replica della replica. Aspettando ulteriore replica

Ci è capitato più volte durante la pandemia di trattare articoli che erano apparsi anche sul blog di Nicola Porro, ma fino ad oggi pareva che il giornalista non sapesse della nostra esistenza.

Il 15 dicembre, in seguito al nostro articolo del 13 intitolato

Vaccini a mRNA, giornalismo e allarmismo

in cui facevamo verifica di fatti e fonti relative a un pezzo uscito appunto sul blog di Porro (articolo diventato virale con quasi 200mila visualizzazioni), a firma Becchi e Zibordi (anche loro già trattati qui su BUTAC in precedenza), ci siamo ritrovati protagonisti di un intero articolo, dal titolo:

Vaccino e allarme dei cardiologi: gli “anti bufale” hanno torto

Con sottotitolo:

IL SITO BUTAC CI HA ACCUSATO DI DIFFONDERE FAKE NEWS. LA REPLICA DI PAOLO BECCHI E GIOVANNI ZIBORDI

Vediamo come ci sono venuti a fare le pulci, perché è davvero interessante mostrare i metodi. Il nostro articolo partiva con lo smontare la tesi di Becchi e Zibordi secondo cui i vaccini negli Stati Uniti avessero avuto una battuta d’arresto e fossero fermi al palo con una percentuale di vaccinati al 60%. Spiegavamo perché questa era una bufala. Nel nuovo articolo, sempre a firma Becchi e Zibordi, di questo piccolo dettaglio non si fa alcun cenno, segno che, evidentemente, avevamo ragione noi. La cosa curiosa è che era il loro articolo a dedicare tutta la prima parte al sostenere questa tesi. Il primo paragrafo recitava proprio:

Negli Stati Uniti i vaccinati con due dosi sono fermi al 60%

Ma evidentemente si sono accorti che su quel dato era elegantemente meglio glissare. Spiegare ai propri lettori che si era partiti con una bufala, magari facendo una bella autocritica, non è il modo migliore per portarli dalla propria parte (almeno i lettori di un certo tipo, in cui probabilmente rientrano quelli che leggono il blog di Nicola Porro). Glissano anche su tutta la parte in cui si parla delle restrizioni proposte dal governo americano, per ora ferme a causa di alcuni giudici che le stanno contestando, ma comunque esistenti.

Steven Gundry

Becchi e Zibordi passano direttamente al fatto che qui su BUTAC abbiamo definito “ex cardiologo” il dottor Gundry, sulle cui dichiarazioni hanno basato la maggior parte del loro articolo. Hanno ragione, la mia definizione è impropria, il dottor Gundry è comunque un chirurgo specializzato in chirurgia cardiovascolare, ma sono anni che ha abbandonato l’esercizio sostenendo che ci siano altri modi – contestati dai suoi colleghi – di intervenire sul cuore oltre alla chirurgia.

Nel loro articolo di risposta però Becchi e Zibordi riportano:

Il fatto di aver esercitato tutta la vita la professione di cardiologo e chirurgo – stiamo parlando del dott. Gundry – non viene cancellato nel momento in cui si va in pensione.

Ma Gundry non ha smesso di fare il cardiochirurgo perché è andato in pensione. Classe 1950, laureato in medicina nel 1977, sale agli onori delle cronache quando nel 1990 un ragazzo che avrebbe dovuto operare per un trapianto di cuore guarì spontaneamente. Dal 2002 Gundry ha quindi smesso la pratica di “cardiologo e chirurgo”, ha aperto una clinica privata a Palm Springs di nome “The International Heart & Lung Institute” e ha sì continuato a curare problemi di cuore, ma senza chirurgia e principalmente con suggerimenti nutrizionali. Nel 2002 Gundry aveva 52 anni, di questi 52 25 li ha passati come cardiochirurgo. Oggi ne ha 71, di cui 19 passati a suggerire diete miracolose. È diventato a tutti gli effetti un nutrizionista, sicuramente esperto di malattie cardiovascolari per quanto concerne gli studi e la pratica fatta, ma resta qualcuno che oggi suggerisce diete da lui preparate (smontate da colleghi medici in più d’una occasione) e non uno che ha esercitato per tutta la vita la professione di “cardiologo e chirurgo”.

A questo va aggiunto che Porro, Becchi e Zibordi in entrambi gli articoli hanno sfruttato nel titolo la parola cardiologi, declinata al plurale ma come stiamo per vedere è un errore, avrebbero dovuto parlare di un singolo cardiologo.

La posizione dell’American Heart Association

Ma andiamo avanti, Becchi e Zibordi poi sostengono che noi, citando Reuters, stiamo facendo il gioco della Pfizer, visto che nel consiglio d’amministrazione di Pfizer ci sarebbe il CEO di Reuters. Ma a noi va benissimo la loro critica, perché ci permette di riportare l’altra fonte su cui hanno elegantemente glissato.

Riportano infatti:

…una presa di posizione dell’AHA (Associazione dei cardiologi) che interrogata sullo studio (del Dottor Gundry ndmaicolengel) risponde “Statements and conclusions are always solely those of the study authors and do not necessarily reflect the Association’s institutional policy or position” e cioè che, come è ovvio, questo studio è responsabilità dell’autore e non dell’Associazione dei cardiologi.

Il problema è che AHA ha anche rilasciato un comunicato ben preciso, quello che si definisce “expression of concern“, dove dicono che:

This article expresses concern regarding abstract “Abstract 10712: Mrna COVID Vaccines Dramatically Increase Endothelial Inflammatory Markers and ACS Risk as Measured by the PULS Cardiac Test: a Warning” which originally published November 8, 2021;

Soon after publication of the above abstract in Circulation, it was brought to the American Heart Association Committee on Scientific Sessions Program’s attention that there are potential errors in the abstract. Specifically, there are several typographical errors, there is no data in the abstract regarding myocardial T-cell infiltration, there are no statistical analyses for significance provided, and the author is not clear that only anecdotal data was used.

We are publishing this Expression of Concern until a suitable correction is published to indicate that the abstract in its current version may not be reliable.

Vi traduco le due frasi in grassetto:

…nell’estratto non ci sono dati riguardanti l’infiltrazione delle cellule T miocardiche, non ci sono analisi statistiche per la significatività fornita e l’autore non è chiaro nello spiegare che sono stati utilizzati solo dati aneddotici.

…l’abstract nella sua versione attuale potrebbe non essere affidabile.

VAERS

Poi Becchi e Zibordi passano ai dati VAERS, quelli che nel nostro articolo originale avevamo bollato come scarsamente affidabili, basandoci su nostri precedenti articoli.

Nel loro nuovo pezzo dicono:

Dopo 30 anni che in America usano questo sistema di rilevazione dati, arriva ora Butac a dire che è inaffidabile perché riporta 50 volte più decessi coi vaccini Covid. Occorre quindi informare le autorità sanitarie Usa che in Italia abbiamo scoperto che il loro sistema di segnalazione di morti e disabili post vaccinazione è sbagliato.

Eh sì, siamo proprio noi di BUTAC i soli nel panorama mondiale a sostenere che i dati presi così non sono affidabili. Eh sì, è proprio così, e si vede che gli autori sanno di cosa parlano… non è mica che invece sulle stesse pagine dei dati VAERS sia chiaramente riportato che:

… VAERS reports alone cannot be used to determine if a vaccine caused or contributed to an adverse event or illness. The reports may contain information that is incomplete, inaccurate, coincidental, or unverifiable. In large part, reports to VAERS are voluntary, which means they are subject to biases.

Che tradotto:

i rapporti VAERS da soli non possono essere utilizzati per determinare se un vaccino ha causato o contribuito a un evento avverso o a una malattia. I rapporti possono contenere informazioni incomplete, imprecise, casuali o non verificabili. In gran parte, le segnalazioni al VAERS sono volontarie, il che significa che sono soggette a bias.

Eh sì, siamo stati solo noi di BUTAC ad aver evidenziato questo dettaglio.

EuroMOMO

Procediamo oltre, poiché le omissioni non sono finite. Riportano Becchi e Zibordi:

I dati di EuroMoMo, che abbiamo citato e che sono stati ripresi anche dal dott. Alberto Donzelli la settimana scorsa durante una audizione in Parlamento, mostrano 20 mila morti in più nel 2021 rispetto al 2020 in Europa sotto i 64 anni e quasi 3mila sotto i 44 anni. Qui spiace dirlo, ma i nostri amici del Butac non mettono link, si limitano a mentire e basta, contando sul fatto che i lettori non vadano a controllare.

Ma anche qui siamo di fronte a un’imprecisione. Nel nostro articolo infatti non linkavamo direttamente EuroMOMO perché su quei dati avevamo scritto un intero altro articolo a parte:

…anche di questo noi e altri abbiamo già parlato, riportando come questo eccesso di mortalità fosse presente anche nel 2020, e non possa quindi essere riconducibile ai vaccini che sono arrivati per gli under 64 solo dopo gennaio 2021.

Il link che vedete qui sopra rimanda appunto a un nostro articolo della settimana scorsa, che partiva sempre da un pezzo del blog di Porro. EuroMOMO era citato e linkato dopo poche righe. Era insensato linkare EuroMOMO senza prima linkare l’articolo dove avevamo spiegato quel dato.

Becchi e Zibordi su quei numeri citano il premio Nobel Michael Levitt, lo stesso che a luglio 2020, dall’alto del suo scranno di premio Nobel aveva sostenuto che la pandemia negli States sarebbe completamente terminata in quattro settimane (quindi entro fine agosto). Credo che chiunque sia in grado di rendersi conto che le sue previsioni si sono rivelate errate. Prendere per buone a prescindere sue nuove dichiarazioni non crediamo sia proprio indicato: fosse stato per lui, che avrebbe voluto nessuna restrizione a partire da luglio 2020, negli States avrebbero avuto un numero di morti molte volte superiore.

I dati di EuroMOMO comunque sono dati che si basano sui numeri di tutta Europa, ma sempre sul sito di EuroMOMO è possibile vedere anche lo Z-score suddiviso per Paesi. Giusto per divertimento (e per dimostrarvi che Becchi e Zibordi nemmeno ci provano a verificare le cose di cui parlano) sono andato a prendere i grafici relativi all’Italia.

La prima cosa da spiegare è che cosa sia lo Z-score:

I punteggi Z vengono utilizzati per standardizzare le serie e consentire il confronto dei modelli di mortalità tra diverse popolazioni o tra diversi periodi di tempo. La deviazione standard è l’unità di misura dello Z-score. Consente il confronto di osservazioni da diverse distribuzioni normali.

Ecco, questi sono i grafici EuroMOMO con lo Z-score in Italia nelle varie fasce d’età:

I picchi che escono dal normale intervallo di mortalità in Italia li vediamo nelle fasce più anziane, e nella fascia 45-64 in concomitanza con prima e seconda ondata. Da giugno 2021 anche quella fascia rientra nella normalità.

Non credo sia necessario aggiungere altro. Purtroppo l’accusa di contribuire all’information disorder nei confronti del blog di Porro resta. In attesa di nuove repliche.

maicolengel at butac punto it

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